In occasione dell'iniziativa "Giornate Europee dell'Archeologia" che è stata organizzata dal Ministero della Cultura domenica 15 Giugno in tutta Italia, la sala conferenze del Museo del Meilogu medievale di Bessude (MuMe) è stata il teatro di un interessante incontro dal titolo "Il nuraghe San Teodoro di Bessude: recupero di un bene identitario". Si sono presentati gli interventi di tutela e valorizzazione dell'area archeologica di San Teodoro frutto di una proficua collaborazione tra il Comune di Bessude e la Soprintendenza archeologica per le province di Sassari e Nuoro rappresentata dalla funzionaria di zona, la Dott.ssa archeologa Nadia Canu. In questo articolo vi riassumeremo le notizie condivise dai relatori coinvolti. Buona lettura! Il recupero del nuraghe Il nuraghe San Teodoro, a poco più di 1 Km a nord dal paese di Bessude, è situato lungo la via che conduceva al santuario nuragico di Monte Sant'Antonio, oggi nel comune di Siligo. La sua posizione è strategica, volta a controllare le risorse economiche della fertile valle di Molinu, ai piedi del monte Pelao. Si tratta dunque di un'area archeologica di estremo interesse, frequentata non solo in età nuragica, ma anche romana e medievale. Infatti nei terreni adiacenti al nuraghe, sono presenti una chiesa dedicata a San Teodoro e una necropoli di età romana ancora da indagare, oltre che testimonianze di particolari stabilimenti produttivi. Si tratta dunque di un'area archeologica considerata fortemente identitaria dalla comunità di Bessude, tanto da spingere l'Amministrazione comunale a stanziare un'iniziale somma di 80.000€ per le operazioni di pulizia e prospezioni che si sono svolte nell'area nei mesi scorsi. L'obiettivo è quello di tutelarla, preservarla e trasferirla alle future generazioni. Durante la conferenza, a tal proposito, è intervenuto l'Assessore alla cultura del Comune di Bessude Manuel Mainetti: "All'ombra di quel nuraghe i nostri nonni hanno lavorato e costruito il paese in
In occasione dell’iniziativa “Giornate Europee dell’Archeologia” che è stata organizzata dal Ministero della Cultura domenica 15 Giugno in tutta Italia, la sala conferenze del Museo del Meilogu medievale di Bessude (MuMe) è stata il teatro di un interessante incontro dal titolo “Il nuraghe San Teodoro di Bessude: recupero di un
Per l'archeologia sperimentale della Sardegna lo studio del vino, e in particolare della sua produzione in antichità, è uno dei filoni più appassionanti sviluppato dai ricercatori. Ci sembra giusto dedicare uno spazio importante sul nostro blog a chi negli ultimi decenni ha approfondito in maniera particolare e anche innovativa questi temi, tanto da ricevere dei riconoscimenti di livello internazionale. Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di conoscere ed intervistare Cinzia Loi. Oltre che essere archeologa, Cinzia è anche presidente dell'Associazione Paleoworking, che fin dal 2005 si occupa di ricerca scientifica e archeologia sperimentale in Sardegna. Ha partecipato a numerose campagne di scavo sia nel territorio nazionale che all'estero e il suo principale filone di ricerca riguarda lo studio dei processi di produzione e delle attività produttive, con particolare concentrazione sui così detti "palmenti rupestri". Si tratta di speciali impianti di produzione del vino che sono attestati in tutta la Sardegna, e caratterizzano fortemente il territorio di Ardauli, in provincia di Oristano. L'analisi e il recupero di tali strutture hanno dato vita nel 2020 al progetto partecipato chiamato "Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli". Nell'ambito dell'assemblea annuale del percorso culturale europeo European Wine Day e ITER VITIS Les chemins de la Vigne en Europe tenuta a Tolosa l'ottobre scorso, tale progetto ha vinto il premio Prix de la recherche en archéologie du vin. Buona lettura! Quando è nata l'Associazione Paleoworking e di cosa si occupa? L'Associazione Paleoworking Sardegna, attiva dal 2005, è nata con l’intento di coniugare la ricerca archeologica con la valorizzazione delle radici culturali dell’isola, attraverso progetti di ricerca incentrati sull'archeologia sperimentale. La nostra sede si trova ad Ardauli, un piccolo centro del Barigadu, nella Sardegna centrale. In questi quasi vent'anni, costante è stata l'opera di studio e di divulgazione sulle domus de janas, particolarmente numerose
Per l’archeologia sperimentale della Sardegna lo studio del vino, e in particolare della sua produzione in antichità, è uno dei filoni più appassionanti sviluppato dai ricercatori. Ci sembra giusto dedicare uno spazio importante sul nostro blog a chi negli ultimi decenni ha approfondito in maniera particolare e anche innovativa questi
Il sito archeologico di Is Bangius (conosciuto anche come "Muru de is Bangius") si localizza lungo le pendici occidentali del Monte Arci, nel territorio comunale di Marrubiu. In quest'area, probabilmente, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., venne edificato un importante praetorium, sede amministrativa e giudiziaria distaccata del governatore della provincia sarda. Il sito rappresenta un unicum, anche perché si trova lungo un compendium itineris, ossia una scorciatoia. Tale strada venne creata in età severiana e collegava direttamente Forum Traiani (Fordongianus) a Karales (Cagliari). Questo si rese necessario perché, durante l'età severiana (fine II-primi III secolo d.C.), il centro di Forum Traiani crebbe di importanza dal punto di vista economico, strategico e urbanistico. Così la città venne collegata maggiormente all'asse viario centrale "a Turre Karalis". Esattamente all'innesto del compendium o nelle immediate vicinanze si costruì il praetorium di is Bangius con terme ed altri edifici di servizio. Breve storia degli scavi e degli studi Il sito di Is Bangius è noto sin dal 1746, quando venne menzionato per la prima volta nelle Carte del Regno di Sardegna, oggi conservate presso l'Archivio statale di Torino. Qui tra il Campo Sant'Anna e la chiesa di Santa Maria, si trova l'indicazione "Bagni antichi" da riferirsi alle terme di Is Bangius, appunto. Il contributo più rilevante alla conoscenza del sito fu l'articolo "Antichità di Muru de Bangius", pubblicato da Giovanni Spano nel 1863. Qui il canonico riportava la testimonianza degli scavi condotti da un certo Efisio Creggiu di Marrubiu, il quale riportò alla luce le terme riccamente decorate con mosaici policromi e frammenti di epigrafi. Nel 1986 riprese i lavori la Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e di Oristano, che nel 1990 collaborò anche con la cattedra di epigrafia romana dell'Università di Roma. Grazie a questi lavori
Il sito archeologico di Is Bangius (conosciuto anche come “Muru de is Bangius”) si localizza lungo le pendici occidentali del Monte Arci, nel territorio comunale di Marrubiu. In quest’area, probabilmente, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., venne edificato un importante praetorium, sede amministrativa e
Sapevate che i Fenici erano dediti a consumare il vino durante i riti funerari? Con questo terzo articolo dedicato al Sinis andremo alla scoperta di questa particolare usanza orientale, che è stata documentata anche nelle tombe fenicie di Tharros. La Tharros fenicia e le sue necropoli Tharros, l'antica città di origine fenicia nella costa occidentale della Sardegna, è situata più precisamente nell’estremità meridionale della penisola del Sinis e si sviluppa su due alture: il colle di San Giovanni e quello di Su Murru Mannu. La città fu fondata da genti fenicie, forse nell’VIII secolo a.C, per controllare l’area settentrionale del golfo di Oristano. Questa era un’area già frequentata in età nuragica, come testimoniato dal nuraghe monotorre di S’Arenedda, presso la Caletta, il nuraghe Boboe Cabitza nel Capo San Marco, il nuraghe monotorre di San Giovanni, il nuraghe Preisinnis a Mistras, ma soprattutto dal sito nuragico di Murru Mannu. Infatti, sul colle si possono ancora ammirare i resti di un villaggio dell’Età del Bronzo Medio e Recente, già abbandonato quando arrivarono i Fenici. Questo era caratterizzato da un nuraghe monotorre e da capanne circolari, riutilizzate per il tofet della città a partire dal VII secolo a.C. Il sito di Murru Mannu ha una particolare importanza perché va ad attestare un prematuro contatto con l’area del Mediterraneo orientale prima dello sbarco dei Fenici, come testimoniato da un frammento di vaso miceneo del 1400-1200 a.C. e da altre ceramiche di produzione cipriota datate al 1100-800 a.C. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Ancora oggi in realtà non conosciamo l’esatta collocazione dell’abitato fenicio, forse manomesso dall’impianto urbano successivo di età punica e romana. Tuttavia sussistono molteplici testimonianze dai contesti funerari. Infatti fin dall’ultimo quarto del VII secolo a.C. erano in uso due necropoli: l’una posta a
Sapevate che i Fenici erano dediti a consumare il vino durante i riti funerari? Con questo terzo articolo dedicato al Sinis andremo alla scoperta di questa particolare usanza orientale, che è stata documentata anche nelle tombe fenicie di Tharros. La Tharros fenicia e le sue necropoli Tharros, l’antica città di
"La vedova di Neoneli" esempio di marketing territoriale Si può fare marketing territoriale in Sardegna utilizzando la letteratura e coinvolgendo degli autori stranieri? È questa la scommessa del Comune di Neoneli che, con la collana curata dallo scrittore Nicola Lecca, si apre al mondo attraverso un nuovo racconto breve in due lingue. Italiano da un verso, e inglese dall'altro: con una doppia copertina che varia solo nel titolo e ritrae una donna nell'atto di impastare il pane. In realtà "La vedova di Neoneli" o "The widow of Neoneli", è il terzo volume della serie dedicata al piccolo Comune in Provincia di Oristano. Segue "Neoneli" di Nicola Lecca pubblicato nel 2014, e ancora "Neoneli" di Emilie Miller del 2016. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Ho avuto il piacere di partecipare personalmente alla presentazione tenuta in occasione di Licanìas, il "Festival di leccornie culturali" che quest'anno si è tenuto a Neoneli dal 4 al 7 di ottobre, e ne sono rimasto colpito. Affascinato dalle suggestive letture di Michela Atzeni, intervallate dal racconto del progetto editoriale di Nicola Lecca, e accompagnate dal violino di Gianbattista Longu nella splendida cornice di Casa Cherchi. Il racconto di Ryan Gattis Leggendo l'opera si viene catapultati in una Sardegna genuina, descritta con le parole di Drew, cuoco californiano che decide di trasferirsi a Neoneli per superare un periodo difficile della sua vita. Alle sue si alternano le parole di Annica, una giovane madre rimasta vedova. Questa dualità, scandita dagli splendidi paesaggi e dal racconto di alcune specialità gastronomiche del territorio, esprime in maniera efficace il rapporto tra l'isola e il resto del mondo. Un rapporto che molto spesso è di chiusura e diffidenza nei confronti di qualcosa, o qualcuno, che attraverso il dialogo può invece rivelarsi la chiave
“La vedova di Neoneli” esempio di marketing territoriale Si può fare marketing territoriale in Sardegna utilizzando la letteratura e coinvolgendo degli autori stranieri? È questa la scommessa del Comune di Neoneli che, con la collana curata dallo scrittore Nicola Lecca, si apre al mondo attraverso un nuovo racconto breve in
Cari lettori, con un misto di piacere e commozione in questo 2018 riprendiamo la rubrica dedicata alla recensione di opere che si distinguono per l'approccio innovativo e scientifico con cui comunicano il patrimonio culturale della Sardegna. Questa volta vi segnaliamo il libro del Prof. Ercole Contu, che ci ha lasciato recentemente dopo aver pubblicato l'anno scorso (2017) con Carlo Delfino Editore all'interno della collana Leggere è un Gusto. Ci riferiamo al "volumetto" (come lo definisce lo stesso autore) "Un drink al nuraghe". Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Per chi come noi si occupa di cultura e archeologia in Sardegna, Ercole Contu non ha bisogno di presentazioni. Tuttavia è bene ricordare che Contu è stato Professore Emerito di Antichità Sarde presso l’Università di Sassari, e ha legato il suo nome in modo indissolubile all'archeologia sarda, avendo diretto diverse importanti campagne di scavo, pubblicato numerosi contributi, ed essendo stato protagonista della scoperta, tra i vari siti, dell'altare preistorico di Monte d'Accoddi, in Provincia di Sassari. L'elenco delle sue attività è lunghissimo, vi invitiamo a ripercorrerle attraverso le parole che gli ha dedicato qualche anno fa il Prof. Attilio Mastino. La recensione di "Un drink al nuraghe" Ma veniamo alla recensione: il libro si presenta bene, con la copertina morbida, il formato di dimensioni ridotte, poche pagine (110 in totale) e una grafica semplice che cattura l'attenzione del lettore. Sulla prima di copertina figura il bronzetto con gruccia ritrovato a Santa Vittoria di Serri, mentre la quarta è occupata per metà dall'immagine raffigurata all'interno di una kylix (coppa) del pittore Exekias con la nave di Dioniso, il dio del vino nella cultura greca. Anche il titolo è ad effetto, "Un drink al nuraghe" invita alla lettura e alla condivisione e riassume bene lo spirito del libro. Ma insieme al sottotitolo "Vini e vignaioli nel
Cari lettori, con un misto di piacere e commozione in questo 2018 riprendiamo la rubrica dedicata alla recensione di opere che si distinguono per l’approccio innovativo e scientifico con cui comunicano il patrimonio culturale della Sardegna. Questa volta vi segnaliamo il libro del Prof. Ercole Contu, che ci ha lasciato recentemente dopo aver
La località di S'Abba Druche si trova a poco più di 5 km a nord di Bosa, nella Provincia di Oristano. La sua posizione sul mare, permette di ammirare la costa bosana e le sue caratteristiche scogliere. Qui, immersi nella macchia mediterranea, si scorgono i resti di una grande area archeologica frequentata dal periodo nuragico fino alla tarda età romana. La potremo visitare insieme durante la nostra prossima visita guidata. S'Abba Druche durante il periodo nuragico Le prime indagini a S'Abba Druche risalgono al 1985, a seguito del ritrovamento fortuito di ceramiche e sepolture fatto da un pescatore. La segnalazione portò la Soprintendenza Archeologica per le Province di Sassari e Nuoro a svolgere degli accertamenti, realizzati dalla Dott.ssa Maria Chiara Satta. Furono fatte due prospezioni archeologiche, nel 1985 e nel 1991, a cui si aggiunse lo scavo del 1995. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie L'area risultò subito di grande interesse, includendo uno stanziamento nuragico, composto da un nuraghe complesso e il villaggio circostante, e diverse strutture di epoca romana. Il nuraghe venne costruito in posizione dominante rispetto al paesaggio costiero e terrestre. Posto su un'altura di 40 metri, vicino ad una recente casa colonica, attualmente conserva solo pochi filari composti da blocchi di grandi e medie dimensioni. Infatti, una volta smontato, i suoi conci furono riutilizzati in età romana per la costruzione delle strutture abitative. Nei suoi pressi sono stati individuati altri edifici di epoca nuragica: un pozzo e una tomba dei giganti. La tomba si trova nella parte opposta della strada Bosa-Alghero. Nel 1995, era visibile l'esedra lacunosa nel lato destro, il corridoio e la camera funeraria. Per quanto riguarda il pozzo, esso si trova a sud-est della collina su cui sorge il nuraghe. Non è mai stato oggetto di scavi archeologici, ma la
La località di S’Abba Druche si trova a poco più di 5 km a nord di Bosa, nella Provincia di Oristano. La sua posizione sul mare, permette di ammirare la costa bosana e le sue caratteristiche scogliere. Qui, immersi nella macchia mediterranea, si scorgono i resti di una grande area
Il paese di Solarussa, in Provincia di Oristano, è situato in uno dei territori più fertili della Sardegna: il Campidano Maggiore, attraversato dal fiume Tirso. Il suo stesso nome potrebbe significare "terra rossa" e lo troviamo documentato già nel 1200 circa nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. Nella prossima visita guidata percorreremo insieme le sue vie per ricostruire la sua storia, le sue tradizioni e le principali attività lavorative che caratterizzano il paese. La tradizione cerealicola e vitivinicola Solarussa sorge su una piccola collina di 12 metri di altezza, circondata da terre pianeggianti, conosciute fin dall'antichità per la loro estrema fertilità. Sono numerose le colture documentate: dai cereali alle leguminose, dalla vite all'orticoltura. Una coltivazione che attualmente non è più presente è quella del lino, che sicuramente caratterizzava il paesaggio della zona, almeno a giudicare dalla seguente testimonianza: "Il suo fiore era azzurro...per cui quelle azzurre distese sembravano un cielo immenso" (Solarussa "Una comunità racconta se stessa", Ledda 1996: 53). Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Molto redditizia era anche la coltivazione di angurie e meloni, in particolare nella localita di Bennaxi (a sud del paese), vicino al fiume Tirso. Le frequenti inondazioni che colpivano non solo i campi, ma anche la stessa Solarussa, favorivano l'orticoltura. Il problema delle esondazioni è stato risolto solo alla fine degli anni '40 del 1900 quando vennero costruiti gli argini. L'economia solarussese a quel tempo, si basava prevalentemente sulla coltivazione specializzata della vite, in particolare per la produzione della vernaccia. Il momento di maggior espansione si colloca tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900. Da un documento del 1929 si è potuto calcolare che l'80% dei proprietari terrieri avesse almeno una vigna. Infatti, ai grandi possidenti, che erano anche i principali produttori di
Il paese di Solarussa, in Provincia di Oristano, è situato in uno dei territori più fertili della Sardegna: il Campidano Maggiore, attraversato dal fiume Tirso. Il suo stesso nome potrebbe significare “terra rossa” e lo troviamo documentato già nel 1200 circa nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. Nella prossima
Il Museo della Tecnologia Contadina di Santu Lussurgiu è un tesoro di cultura e tradizioni che raccontano una Sardegna fatta di sapienza, ingegno e duro lavoro. Durante la nostra visita guidata potremo ripercorrere la memoria storica e culturale del territorio, dalla sua vita quotidiana alle diverse attività produttive. La storia del Museo Si trova al centro del paese, ospitato in un'antica casa padronale del XVIII secolo, appartenuta alla nobildonna Roffella Massidda. Fin dal 1959, anno in cui la casa fu venduta all’Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo (U.N.L.A.), la struttura è il centro culturale della comunità lussurgese. Infatti, grazie alla figura illuminata di Francesco Antonio Salis, le sue numerose sale furono adibite ad aule per l'organizzazione di corsi di alfabetizzazione e di educazione rivolti agli adulti. Dal 1976, parte di questi ambienti furono destinati al Museo. Attualmente 11 stanze delle 23 in totale, accolgono oltre 2000 oggetti, interamente donati da famiglie del paese. Le sale espositive Il Museo si compone di diverse sale tematiche, visitandole è possibile immergersi nelle peculiarità della vita agropastorale di Santu Lussurgiu. Attraverso un'esposizione didattica e coinvolgente, il visitatore ripercorre le diverse attività che si svolgevano nel territorio e tocca con mano le testimonianze del passato. L'obiettivo è quello di trasmettere la memoria storica e culturale degli abitanti di Santu Lussurgiu, preservandone l'identità e facendola conoscere alla stessa comunità e al pubblico esterno. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie L'esposizione si articola su due piani. La visita inizia dal piano terra in cui si possono ammirare le grandi macchine agricole e i grandi mezzi di trasporto (Sala G); le imponenti macchine idrauliche (gualchiera e mulino) e gli alambicchi (Sala H); gli arnesi, i recipienti e le macchine per la vinificazione (Sala I). I macchinari idraulici mettono in luce l'importante presenza dei corsi d'acqua nel territorio e il loro sfruttamento per
Il Museo della Tecnologia Contadina di Santu Lussurgiu è un tesoro di cultura e tradizioni che raccontano una Sardegna fatta di sapienza, ingegno e duro lavoro. Durante la nostra visita guidata potremo ripercorrere la memoria storica e culturale del territorio, dalla sua vita quotidiana alle diverse attività produttive. La storia del Museo Si trova al