Il sito archeologico di Is Bangius (conosciuto anche come "Muru de is Bangius") si localizza lungo le pendici occidentali del Monte Arci, nel territorio comunale di Marrubiu. In quest'area, probabilmente, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., venne edificato un importante praetorium, sede amministrativa e giudiziaria distaccata del governatore della provincia sarda. Il sito rappresenta un unicum, anche perché si trova lungo un compendium itineris, ossia una scorciatoia. Tale strada venne creata in età severiana e collegava direttamente Forum Traiani (Fordongianus) a Karales (Cagliari). Questo si rese necessario perché, durante l'età severiana (fine II-primi III secolo d.C.), il centro di Forum Traiani crebbe di importanza dal punto di vista economico, strategico e urbanistico. Così la città venne collegata maggiormente all'asse viario centrale "a Turre Karalis". Esattamente all'innesto del compendium o nelle immediate vicinanze si costruì il praetorium di is Bangius con terme ed altri edifici di servizio. Breve storia degli scavi e degli studi Il sito di Is Bangius è noto sin dal 1746, quando venne menzionato per la prima volta nelle Carte del Regno di Sardegna, oggi conservate presso l'Archivio statale di Torino. Qui tra il Campo Sant'Anna e la chiesa di Santa Maria, si trova l'indicazione "Bagni antichi" da riferirsi alle terme di Is Bangius, appunto. Il contributo più rilevante alla conoscenza del sito fu l'articolo "Antichità di Muru de Bangius", pubblicato da Giovanni Spano nel 1863. Qui il canonico riportava la testimonianza degli scavi condotti da un certo Efisio Creggiu di Marrubiu, il quale riportò alla luce le terme riccamente decorate con mosaici policromi e frammenti di epigrafi. Nel 1986 riprese i lavori la Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e di Oristano, che nel 1990 collaborò anche con la cattedra di epigrafia romana dell'Università di Roma. Grazie a questi lavori
Il sito archeologico di Is Bangius (conosciuto anche come “Muru de is Bangius”) si localizza lungo le pendici occidentali del Monte Arci, nel territorio comunale di Marrubiu. In quest’area, probabilmente, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., venne edificato un importante praetorium, sede amministrativa e
Conoscete il particolare rito cristiano del refrigerium? Con questo speciale ed ultimo articolo della serie dedicata all'archeologia del Sinis, scopriremo insieme il significato di questo rituale funerario, di origine pagana e poi ripreso dalle prime comunità cristiane. Per quanto riguarda il Sinis, sembra che questa pratica sia stata attestata presso il cimitero rinvenuto al di sotto della chiesa bizantina di San Giovanni di Sinis, nel Comune di Cabras. Ciò è forse testimoniato da una lastra marmorea con inscritto il nome del defunto: "Karissimus". Breve descrizione della chiesa bizantina di San Giovanni di Sinis La chiesa di San Giovanni di Sinis si localizza nell'omonima penisola. L'edificio fu costruito al di sopra di un'area interessata da una necropoli che ha restituito una lunghissima continuità di vita: dal periodo fenicio (VII secolo a.C.) sino al periodo altomedievale (VI secolo d.C.). La struttura presenta un impianto abbastanza semplice, a croce greca. Un'abside semicircolare orientata ad est; Un'aula rettangolare suddivisa in tre navate voltate a botte; Un transetto voltato a botte; Uno spazio centrale quadrato cupolato, dato dall'intersezione della navata centrale con il transetto. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie La parte centrale dell'edificio, caratterizzato dalla cupola e riferito ad un'originario impianto a croce greca inscritta in un quadrato, fu costruita in età bizantina, forse nella metà del VI secolo d.C. Più tardi, tra il IX-XI secolo d.C., la chiesa subì dei rifacimenti che comportarono delle aggiunte tra cui l'abside, le navate laterali, l'apertura delle bifore. La chiesa più antica e le tombe annesse Nel 1991 l'area della chiesa di San Giovanni di Sinis fu interessata da indagini archeologiche volute dalla Soprintendenza per i Beni Archeologiche di Cagliari e Oristano, dirette da Donatella Mureddu e Maria Girolama Messina, coadiuvate in loco da Antonio Vacca. Le ricerche
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