La storia degli scavi di Mont'e Prama è ancora in gran parte da scrivere. La campagna alle pendici della collina di Mont'e Prama, negli anni '70 sembrava una delle tante terre della Penisola del Sinis arata per millenni dai contadini. Fino a che nel marzo del 1974, proprio uno di essi Sisinnio Poddi, fece un'importante scoperta: una testa di pietra. Da allora sono passati oltre 43 anni, ma la necropoli nuragica di Mont'e Prama continua a sorprendere archeologi e appassionati. A quest'area così particolare, abbiamo avuto accesso eccezionalmente durante la nostra visita guidata. Dopo il ritrovamento di Poddi, si attivò lo studioso di archeologia Giuseppe Atzori che mise in luce altri resti. Fu poi la volta del Prof. Giovanni Lilliu che trovò nuovi frammenti di statue in un piccolo saggio di scavo. Informata l'allora Soprintendenza alle Antichità di Cagliari, si decise di portare i reperti nei Magazzini del Museo Nazionale di Cagliari. La notizia fu resa pubblica il 31 marzo 1974 da La Nuova Sardegna. Le indagini degli anni '70 I primi scavi sistematici iniziarono alla fine del 1975 sotto la guida del Dott. Alessandro Bedini. Dal 27 novembre al 15 dicembre furono indagate tre aree, tra cui quella di proprietà della Confraternita del Rosario di Oristano. Da qui emerse una situazione complessa: lastre verticali poste a delimitazione di una strada, i lastroni sui quali potevano ergersi le statue, due tipi di tombe (a pozzetti di forma circolare e a pseudo-cista). Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie L'intervento del 1977, invece, fu svolto dall'Università di Cagliari e dalla Soprintendenza, e affidato alla Prof.ssa Maria Luisa Ferrarese Ceruti e al Dott. Carlo Tronchetti. Si realizzò uno scavo d'urgenza, a causa del ritrovamento di un torso e di altri frammenti di pietra da parte di un contadino. Nonostante il poco tempo a disposizione, tre settimane, furono messe in luce parti di statue e
La storia degli scavi di Mont’e Prama è ancora in gran parte da scrivere. La campagna alle pendici della collina di Mont’e Prama, negli anni ’70 sembrava una delle tante terre della Penisola del Sinis arata per millenni dai contadini. Fino a che nel marzo del 1974, proprio uno di essi Sisinnio Poddi,
Il nuraghe s'Urachi di San Vero Milis, è probabilmente uno dei più grandi complessi archeologici non solo della Provincia di Oristano, ma di tutta la Sardegna. Si estende maestoso su un dosso, nella piana alluvionale in località Su Padru, dove sono ben visibili 7 delle 10 torri che un tempo dovevano costituire le mura perimetrali. Le sue dimensioni e la sua posizione, in un territorio densamente popolato fin dall'età nuragica, permettono di considerarlo un punto di riferimento per le popolazioni stanziate tra il Sinis settentrionale e il Campidano Maggiore. Durante la nostra visita guidata esploreremo il sito e conosceremo l'area, osservando al lavoro gli archeologi attualmente impegnati nello scavo. Un lavoro instancabile che lentamente e con perizia, sta portando alla luce millenni di storia. Vista dal drone dello scavo di s'Urachi a San Vero Milis (credits: Pietrino Mele, YouTube) S'Urachi: breve storia degli scavi Le prime attività di sterro nel territorio di San Vero Milis, ad opera di studiosi e appassionati, risalgono almeno all'Ottocento. Durante questi scavi solo pochi materiali entrarono a far parte di collezioni museali pubbliche. Tra questi si ricorda il "torciere" bronzeo esposto attualmente al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e proveniente presumibilmente da s’Urachi. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Si tratta di un esemplare di tipo cipriota, documentato in Sardegna in poche altre località: dal ripostiglio di Tadasuni (OR) al santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri (CA), da Santa Giusta (OR) al centro fenicio-punico di Bitia (Pula, Cagliari). In base ai confronti si data tra VIII e VII sec. a.C. Bisognerà attendere il 1948 per l'avvio della prima campagna di scavo al nuraghe s'Urachi. Dal 16 marzo al 10 aprile, la Soprintendenza Archeologica e il Prof. Giovanni Lilliu, misero in luce parte delle mura e delle torri che racchiudono il nuraghe vero e proprio (l'antemurale)
Il nuraghe s’Urachi di San Vero Milis, è probabilmente uno dei più grandi complessi archeologici non solo della Provincia di Oristano, ma di tutta la Sardegna. Si estende maestoso su un dosso, nella piana alluvionale in località Su Padru, dove sono ben visibili 7 delle 10 torri che un tempo dovevano
“Su Nuraxi” di Barumini è stato il primo sito nuragico a essere studiato in maniera sistematica, grazie al lavoro del Prof. Giovanni Lilliu che lo portò alla luce negli anni ‘50. Quasi 70 anni dopo, l’Università degli Studi di Cagliari continua le indagini archeologiche ed emergono interessanti dati, anche se ancora in fase di verifica e studio. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie I risultati preliminari sono stati presentati lunedì 13 marzo presso la Casa Zapata, in occasione dei 103 anni dalla nascita del Prof. Lilliu. Il lavoro del gruppo, diretto dal Prof. Riccardo Cicilloni insieme al Dott. Giacomo Paglietti, si è concentrato su tre aree: 1. l’area di Nord-Est; 2. la capanna 197; 3. la cosiddetta “torre-capanna”. È interessante soffermarsi sul metodo di lavoro applicato dagli archeologi. Ricostruiamolo area per area. Area di Nord-Est Premessa: erano visibili delle pietre disposte in fila. Ipotesi: le pietre avrebbero potuto indicare la presenza di altre strutture del villaggio, oppure essere dei semplici cumuli di pietre. Obiettivo dell’indagine: stabilire l’estensione del villaggio e quindi la presenza di nuove capanne. Risultato: non è stata trovata traccia di nessun’altra struttura, pertanto i limiti del villaggio indicati da Prof. Lilliu, almeno in questa parte della collina, sono stati confermati. Capanna 197 Premessa: Il Dott. Paglietti nella sua Tesi di Dottorato del 2011 ha identificato 3 capanne circolari diverse dalle altre per diametro (inferiore rispetto alle altre) e per spessore dei muri (il doppio delle altre). Si tratta delle strutture n. 116, 203 e la cosiddetta “torre-capanna”. Ipotesi: si sarebbe potuto trattare dei resti di mura, più antiche di quelle tuttora visibili. Obiettivo dell’indagine: verificare se al di sotto della capanna 197 vi sono i resti delle mura. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi
“Su Nuraxi” di Barumini è stato il primo sito nuragico a essere studiato in maniera sistematica, grazie al lavoro del Prof. Giovanni Lilliu che lo portò alla luce negli anni ‘50. Quasi 70 anni dopo, l’Università degli Studi di Cagliari continua le indagini archeologiche ed emergono interessanti dati, anche se