Vi siete mai domandati quali cibi mangiassero i nuragici in Sardegna? Con questo secondo articolo alla scoperta della storia millenaria del Sinis conosceremo il sito archeologico di Sa Osa, nel Comune di Cabras. In particolare approfondiremo in che modo i nuragici sfruttavano il territorio di questa regione geografica per trarre le risorse alimentari. Cenni e peculiarità del periodo nuragico nel Sinis Come abbiamo visto nel precedente articolo dedicato al sito di Cuccuru is Arrius, la storia degli insediamenti umani nel Sinis ha inizio nel Neolitico Medio (V millennio a.C.). Tuttavia, è durante l'età nuragica che i villaggi si diffusero in maniera capillare in tutto il territorio. Questi andarono ad occupare non solo le aree lagunari come nel periodo precedente, ma tutti gli ambienti. Per questo motivo, la regione geografica è considerata dagli studiosi come una delle aree più densamente popolate della Sardegna in questa epoca. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Oggi nel Sinis si conservano i resti di 93 nuraghi e centinaia di siti nuragici, circa 1 ogni kmq. La maggior parte sono del tipo a monotorre, ma si conta un gran numero di nuraghi complessi, soprattutto quadrilobati, cioè caratterizzati da una torre principale detta mastio e da altre quattro laterali, unite da un muro di cinta. Gli edifici erano stati costruiti sfruttando i basalti e le arenarie locali, tra la fine del Bronzo Medio e il Bronzo Recente (quindi tra il 1500 e il 1200 a.C.). L'unico scavato ed indagato con la tecnica della stratigrafia è il sito di Murru Mannu, frequentato anche in età fenicia e punica con il tofet di Tharros. L’intensiva e capillare occupazione di questa regione testimonia un’economia volta allo sfruttamento di tutte le potenzialità che il Sinis poteva offrire: marine, lagunari, agricole e legate all’allevamento.
Vi siete mai domandati quali cibi mangiassero i nuragici in Sardegna? Con questo secondo articolo alla scoperta della storia millenaria del Sinis conosceremo il sito archeologico di Sa Osa, nel Comune di Cabras. In particolare approfondiremo in che modo i nuragici sfruttavano il territorio di questa regione geografica per trarre le
All'ipogeo della Chiesa di San Salvatore di Sinis, nell'omonima borgata, si accede scendendo una stretta scalinata. Il santuario è noto in letteratura fin dal XVII secolo, quando fu citato come cappella o chiesa sotterranea nelle opere di due religiosi, padre Vidal e padre Aleu. Con la nostra visita guidata potremo esplorare il sito, ricostruendo la lunga frequentazione dell'ipogeo e il culto che vi venne praticato nel corso dei secoli. Il tutto testimoniato dai resti archeologici e le numerose immagini e iscrizioni ancora presenti sulle sue pareti. La struttura dell'ipogeo della chiesa di San Salvatore di Sinis Il santuario è considerato un tempio ipogeico pagano, la cui ultima fase è datata al IV secolo d.C. Fu realizzato attorno a un antico pozzo d'acqua, ritenuta salutifera fin dall'età nuragica. Nel XVII secolo, al di sopra dell'ipogeo, fu costruita l'attuale chiesa di San Salvatore. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie L'ingresso attuale del santuario risale infatti al 1600. In quell'occasione furono realizzati i primi 10 scalini che permettono tutt'oggi di scendere nell'ipogeo. L'edificio cultuale venne ottenuto scavando lo strato geologico, composto da arenaria. Ma la maggior parte delle pareti furono innalzate intorno al IV secolo d.C. con filari alternati di blocchetti di arenaria e mattoni, una tecnica che risale dunque alla fase tardo-romana del santuario. All'interno dell'ipogeo La corta discesa all'interno dell'ipogeo conduce all'antico corridoio con volta a botte, in cui si apriva un pozzetto d'areazione. Ai lati vi sono due ambienti rettangolari identici (I e V), ma in quello di sinistra (I) si trova un altare forse risalente al periodo cristiano di utilizzo dell'ipogeo. In particolare nel vano V, all'interno di un pozzetto, è stato rinvenuto del materiale di epoca nuragica. Continuando a percorrere il corridoio si arriva ad un vano circolare con al centro un pozzo dotato
All’ipogeo della Chiesa di San Salvatore di Sinis, nell’omonima borgata, si accede scendendo una stretta scalinata. Il santuario è noto in letteratura fin dal XVII secolo, quando fu citato come cappella o chiesa sotterranea nelle opere di due religiosi, padre Vidal e padre Aleu. Con la nostra visita guidata potremo esplorare il sito,