I palmenti rupestri e l’antica produzione del vino in Sardegna: intervista a Cinzia Loi

Per l’archeologia sperimentale della Sardegna lo studio del vino, e in particolare della sua produzione in antichità, è uno dei filoni più appassionanti sviluppato dai ricercatori. Ci sembra giusto dedicare uno spazio importante sul nostro blog a chi negli ultimi decenni ha approfondito in maniera particolare e anche innovativa questi temi, tanto da ricevere dei riconoscimenti di livello internazionale.

Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di conoscere ed intervistare Cinzia Loi. Oltre che essere archeologa, Cinzia è anche presidente dell’Associazione Paleoworking, che fin dal 2005 si occupa di ricerca scientifica e archeologia sperimentale in Sardegna. Ha partecipato a numerose campagne di scavo sia nel territorio nazionale che all’estero e il suo principale filone di ricerca riguarda lo studio dei processi di produzione e delle attività produttive, con particolare concentrazione sui così detti “palmenti rupestri”. Si tratta di speciali impianti di produzione del vino che sono attestati in tutta la Sardegna, e caratterizzano fortemente il territorio di Ardauli, in provincia di Oristano. L’analisi e il recupero di tali strutture hanno dato vita nel 2020 al progetto partecipato chiamato “Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli”. Nell’ambito dell’assemblea annuale del percorso culturale europeo European Wine Day e ITER VITIS Les chemins de la Vigne en Europe tenuta a Tolosa l’ottobre scorso, tale progetto ha vinto il premio Prix de la recherche en archéologie du vin. Buona lettura!

Quando è nata l’Associazione Paleoworking e di cosa si occupa?

L’Associazione Paleoworking Sardegna, attiva dal 2005, è nata con l’intento di coniugare la ricerca archeologica con la valorizzazione delle radici culturali dell’isola, attraverso progetti di ricerca incentrati sull’archeologia sperimentale. La nostra sede si trova ad Ardauli, un piccolo centro del Barigadu, nella Sardegna centrale.

In questi quasi vent’anni, costante è stata l’opera di studio e di divulgazione sulle domus de janas, particolarmente numerose nel territorio del Barigadu. Tali azioni hanno contribuito al restauro conservativo della Tomba Dipinta di Mandras, nel territorio di Ardauli. Oltre l’imponente lavoro di ricerca sui palmenti, di cui parleremo in seguito, abbiamo compiuto vari studi sul materiale litico rinvenuto nel sito preistorico di Santa Vittoria di Neoneli, all’interno dell’Oasi faunistica di Assai. I dati raccolti suggeriscono un’ipotetica interpretazione del sito, identificabile come accampamento temporaneo di cacciatori in cui veniva operato il depezzamento primario della selvaggina abbattuta con arco e frecce, per agevolare il trasporto verso il villaggio. Abbiamo compiuto inoltre attività di ricerca inerenti le metodologie di produzione dell’olio di lentisco. L’argomento è stato affrontato in maniera multidisciplinare; attraverso varie campagne di indagine etnografica sul campo, studi bibliografici e d’archivio, si è riusciti a fissarne le diverse fasi operative. Successivamente, ricerche sperimentali sulle tecniche di produzione hanno permesso di riproporre le stesse e di definire le caratteristiche ottimali della strumentazione da utilizzare.

Sperimentazione balistica: lancio con il propulsore (fonte: Cinzia Loi)

Connessi agli studi sperimentali sull’arco preistorico sono, invece, quelli relativi alla lavorazione del lino e alla trasformazione della fibra, dal cui intreccio deriva pure la produzione di cordami. Questa fibra naturale, dalle proprietà paragonabili ai moderni filati sintetici di cui ci si serve oggi nel tiro con l’arco, era ampiamente utilizzata nella balistica interna dell’arco fin dalla preistoria. I risultati ottenuti da questi progetti di ricerca vengono presentati – oltre che in convegni, workshop e seminari informali – nell’ambito di un meeting di respiro internazionale: “Archeosperimentare in Sardegna” giunto ormai alla nona edizione e organizzato dal Paleoworking Sardegna in collaborazione con università ed enti sia pubblici sia privati.

Quando è nato il progetto “Lacos de Catzigare” e quali sono i suoi obiettivi?

Il territorio circostante il paese di Ardauli è particolarmente ricco di palmenti rupestri, chiamati qui lacos de catzigare (vasche per la pigiatura). 

Dal 2013 i lacos di Ardauli, unitamente a quelli censiti nel restante territorio del Barigadu e del Guilcer, sono stati oggetto di approfondite analisi archeologiche. Per proseguire il lavoro di indagine, nel 2020 l’Associazione ha proposto un metodo originale di ricerca partecipata: un contest fotografico meglio conservati del territorio ardaulese dal titolo Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli”. L’iniziativa ha segnato l’inizio di una collaborazione con il territorio; i partecipanti che hanno condiviso attivamente l’esperienza archeologica sono stati 34. Il contest ha permesso di censire 64 palmenti rupestri, 32 dei quali estranei al patrimonio già catalogato.  L’impianto di Funtana Leiosa, immortalato da Luana Sanna, è risultato il primo classificato.

Località Funtana Leiosa (Ardauli – OR): palmento con ortostati vincitore del concorso fotografico “Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli” (fonte: Cinzia Loi)

Localizzare manufatti non ancora conosciuti era l’obiettivo primario del concorso che, attraverso la fattiva partecipazione dei proprietari dei fondi, ha permesso di abbattere i tempi di una tradizionale ricerca sul campo. 

Oltre a proseguire nell’azione di censimento e studio archeologico dei palmenti, stiamo proponendo una serie di attività finalizzate alla loro conservazione e fruizione. Sono già state testate alcune azioni concrete basate sul paesaggio in cui i palmenti sono inseriti, una serie di itinerari eno-archeologici che hanno permesso ai visitatori di compiere un viaggio affascinante nella vitivinicoltura antica.

Percorsi eno-archeologici organizzati dall’Associazione Paleoworking Sardegna (fonte: Cinzia Loi)

Cosa si intende per palmento rupestre e quali sono le sue caratteristiche?

I palmenti rupestri erano (e sono) impianti funzionali alla produzione del vino. La tipologia più comune, scavata nella roccia affiorante, è costituita da un sistema di due vasche – la vasca di pigiatura e la vasca di raccolta – comunicanti attraverso un foro, un’apertura a canaletta o un vero e proprio gocciolatoio di scolo. Nel territorio di Ardauli, la vasca per la pigiatura, denominata sa pratzada, di scarsa profondità e forma grossomodo semicircolare con dimensioni doppie o più rispetto alla seconda, risulta delimitata da una serie di ortostati (pietre infisse nel terreno con la funzione di delimitazione) di varia altezza.

Località Perda ’e Caddu (Ardauli – OR): palmento rupestre con ortostati (fonte: Cinzia Loi)

Sul piano di pigiatura si osserva, soprattutto su quelle superfici d’uso caratterizzate da una scarsa pendenza, la presenza di canalette di scolo incise nella roccia. La vasca di raccolta, chiamata su lacu, posta sempre ad un livello inferiore rispetto a sa pratzada, mostra varie planimetrie: rettangolare, subcircolare ed ellittica. Sul piano pavimentale, costante è la presenza di una fossetta utile alla raccolta del liquido. All’operazione di pigiatura seguiva talvolta un’ulteriore azione di pressione che si esercitava mediante un masso di pietra. Lungo i bordi del piano di pigiatura di alcuni impianti, si osservano vere e proprie aree rilevate funzionali a questa operazione. Sulla base dei dati strutturali raccolti si è giunti a classificare 5 tipi diversi di impianti fissi:

  • il Tipo I presenta la vasca di pigiatura di forma rettangolare; la vasca di raccolta si trova sempre ad una quota più bassa e mostra generalmente forma semicircolare;
  • il Tipo II si apre su superfici rocciose piane poco rilevate rispetto al piano di campagna.  La vasca di pigiatura presenta di solito forma semicircolare e scarsa profondità; in alcuni casi essa risulta delimitata da una serie di ortostati;
  • il Tipo III si caratterizza per la presenza di ambienti rettangolari scavati più o meno in profondità nella roccia;
  • il Tipo IV comprende gli impianti misti, quelli cioè in cui la vasca di pigiatura sfrutta la roccia affiorante, mentre la vasca di raccolta, mobile, risulta scavata su un masso unico;
  • il Tipo V comprende tutti quegli impianti nei quali gli elementi strutturali risultano combinati in modo non sistematico.
Tavola riassuntiva di Classificazione dei palmenti rupestri (fonte: Cinzia Loi)

La pigiatura poteva avvenire anche all’interno di vere e proprie vasche mobili realizzate in pietra; munite di un beccuccio o di un foro di scolo, esse venivano posizionate sempre ad una quota più elevata rispetto alla vasca di raccolta, così da facilitare il deflusso del liquido di spremitura. Fra gli impianti costituiti da vasche mobili occorre distinguere fra quelli ricavati su massi erratici di medie e grandi dimensioni, in cui risultano rifiniti soltanto gli spazi interni, e quelli scavati in blocchi di minori dimensioni finemente scolpiti sia all’esterno sia all’interno.

Come avveniva la produzione del vino nei palmenti rupestri?

Circa il loro utilizzo, dalla ricerca etnografica è emerso che le uve, – ammassate in sa pratzada – venivano sistemate man mano dentro sacchi di lino tessuti a maglie larghe (sas cuneddas) e poi schiacciate con i piedi da un pigiatore esperto (troverete un interessante video a proposito, al termine dell’intervista).

Pigiatura diretta in palmento (fonte: Cinzia Loi)

Terminata questa operazione i sacchi subivano un’ulteriore azione di pressione mediante la cosiddetta perda ’e irbinare, un masso di pietra di forma grossomodo circolare dalla base appiattita. Alcune prazadas mostrano ancora una fossetta in cui, durante la vendemmia (sa innenna), veniva posto un acino (su pibione) per ogni cesto d’uva tagliata (sa cannada). In questo modo il proprietario della vigna (su bintzateri) riusciva a prevedere il quantitativo di mosto che ne sarebbe derivato, così da predisporre per tempo il numero di otri (sas butzas) utili per il trasporto a dorso d’asino e quello delle botti (sas cubas) necessarie alla fermentazione.

Fase di riempimento dell’otre con il mosto prodotto attraverso la pigiatura diretta (fonte: Cinzia Loi)

Altri elementi accessori potevano essere piccole vasche rettangolari e/o circolari, connesse al sistema di pressione con le pietre.

Località Arzola ’e Francu (Ardauli – OR): palmento rupestre con ortostati. In primo piano si osservano due vaschette connesse al sistema di pressione con le pietre (fonte: Cinzia Loi)

Quando fu introdotto per la prima volta l’utilizzo del palmento rupestre in Sardegna?

Se da un lato le ricerche sull’archeologia della vite e del vino nell’isola si sono notevolmente sviluppate in questi ultimi anni, dall’altro rimangono aperti numerosi interrogativi legati non solo alle origini e alle modalità della domesticazione della vite, ma anche alle metodologie di produzione del vino. Le più antiche testimonianze di vinificazione in palmento attestate in Sardegna, provengono dal villaggio di Genna Maria di Villanovaforru. Qui è stato scavato un particolare ambiente, il vano gamma, all’interno del quale è stata individuata un’area di pigiatura lastricata e delimitata da lastre disposte a coltello, in pendenza verso una vasca infossata nel pavimento. Al centro di essa si erge un bacile in arenaria. L’atelier di Villanovaforru, dopo accurate analisi chimiche, è stato interpretato come luogo deputato alla pigiatura dell’uva. All’interno del vano è stata ritrovata anche una brocchetta decorata (askos), utilizzata per la mescita del vino. Al medesimo orizzonte cronologico (IX sec. a.C.) è stato riferito l’impianto rinvenuto nell’edificio 46 del villaggio nuragico di Monte Zara di Monastir, costituito da due elementi in marna calcarea sovrapposti: una vasca e una coppa a fusto cilindrico. Recenti indagini hanno confermato la funzione di laboratorio enologico dell’impianto; nel torchio cioè dovevano essere pigiate le uve.

In quali aree della nostra isola sono maggiormente diffusi questi impianti di produzione del vino?

Nelle località di Museddu e di Tennero-Cheremule, nella Sardegna nord-occidentale (Provincia di Sassari), sono noti almeno quaranta impianti; alcuni presentano aperture nelle pareti superiori o laterali delle vasche di pigiatura, identificabili come possibile attacco di una leva di torchio per la spremitura delle vinacce. L’indagine archeologica di alcuni di questi palmenti, scavati nei tavolati calcarei, ha restituito materiali attribuibili all’età romana tardo-imperiale. Impianti analoghi sono segnalati in varie località di Ittiri, in contesti caratterizzati dalla presenza di materiali attribuibili al medesimo orizzonte cronologico. Anche nel comune di Padria, in località Badde Usai, è stato individuato un palmento rupestre scavato su un affioramento di roccia scosceso. L’impianto è costituito da due vasche di forma quadrangolare poste in comunicazione attraverso un foro pervio. Sempre a Padria, in località Casiddu-Badu ‘e Figu, sono noti altri due palmenti dalla planimetria quadrangolare muniti di alloggiamento per la pressa. Palmenti accostati, caratterizzati dalla presenza di due vasche quadrangolari, sono presenti anche nei pressi della chiesetta di San Pietro di Bulzi. Un insediamento produttivo costituito da tre palmenti rupestri scavati su un bancone di tufo andesitico, è stato individuato a Bosa, in località S’Abba Druche: ciascuno comprende due vasche disposte in pendenza e collegate mediante un foro o un gocciolatoio sporgente.

S’Abba Druche e paesaggio costiero di Bosa (fonte: Mare Calmo)

Nel territorio di Bortigali, testimonianze correlate alle attività produttive sono state individuate nelle località di Sa Corte, Tiro e Tintirriolos. Nei territori del Barigadu e del Guilcer, area vasta circa 650 kmq, sono stati individuati 135 impianti rupestri fissi connessi alla produzione del vino così ripartiti: 11 nel territorio del Guilcer e 124 nel territorio del Barigadu. A ciò si aggiungano 55 vasche mobili. Altri interessanti palmenti sono stati rinvenuti a Ruinas, sempre nell’oristanese. 

In quali altre regioni mediterranee possiamo trovare palmenti rupestri?

Questo tipo di pigiatoio, citato anche nella Bibbia, è molto diffuso in Israele e in Siria fin dall’età del Bronzo; lo stesso dicasi – relativamente alla Grecia – per le isole di Creta e Gaudos a partire dall’età minoica fino all’età ellenistica. Tali impianti sono documentati anche a Cipro, a Malta, in Corsica, in Francia, nella regione Iberica e in Mauritania. I dati relativi alla loro diffusione in Italia, in cui sono denominati anche “pestarole”, risultano ancora parziali e frammentari, benché sia accertata la loro concentrazione in Liguria, nelle zone appenniniche dell’Emilia Romagna. Il loro numero è particolarmente elevato nell’Etruria e nelle regioni della Magna Grecia.

Cosa significa studiare il palmento rupestre e quale apporto può dare alla ricerca?

Lo studio di questi manufatti mi ha aperto un mondo! Ho sempre trovato molto stimolanti le ricerche sperimentali nello studio dei processi produttivi e delle attività artigianali che vanno ad affiancare l’analisi tipologica dei materiali e dei contesti di epoca pre-protostorica. Mi ha sempre appassionato l’indagine critica della cultura materiale anche attraverso l’utilizzo di diverse metodologie, in linea con l’approccio multidisciplinare proprio dell’archeologia dei paesaggi. Circa l’apporto alla ricerca, i palmenti rupestri costituiscono una parte fondamentale della filiera produttiva e un documento dalla forte valenza storica, antropologica ed economica: raccontano infatti la storia della nostra civiltà contadina, illustrano il lavoro e le tecniche di trasformazione dell’uva dall’età protostorica sino ai nostri giorni e contribuiscono alla riscoperta di vitigni di origine antica. Detto ciò, oltre a emergere la necessità di uno studio sistematico e approfondito degli impianti così da valutare la loro effettiva distribuzione nell’isola, risulta chiaro come almeno una parte dei manufatti censiti finora non possa venir attribuita in maniera aprioristica a epoca romana o medievale, e come il fenomeno abbia interessato tutte le epoche con un peso variabile dall’età del Bronzo fino a tempi molto recenti.

Come è possibile collaborare con voi e contribuire al progetto?

I risultati ottenuti dall’équipe Paleoworking fanno ben sperare e potranno servire da modello anche per altre comunità. Già alcuni comuni e gruppi operanti nell’isola, si sono dichiarati interessati a fare rete e/o a replicare questo tipo di attività nel loro territorio (contest fotografico, percorsi eno- archeologici, ecc.). Le azioni proposte in questi anni, oltre agli intenti scientifici, hanno voluto portare all’attenzione delle istituzioni le possibilità di stimolo economico offerte da un approccio più corretto al paesaggio. Solo una seria riconsiderazione del paesaggio culturale, può costituire un contributo reale allo sviluppo turistico, una possibilità per l’occupazione giovanile, uno strumento concreto e non demagogico per contrastare lo spopolamento delle aree interne dell’isola, richiamando non già il “consumatore” passivo di “eventi” bensì il “viaggiatore attivo”, desideroso di un ruolo consapevole nell’approccio con una delle caratteristiche più vere e antiche che l’Italia, e la Sardegna in particolare, possono offrire: un paesaggio autentico mediato da una rigorosa offerta culturale.

Quali progetti si auspicano in futuro?

Il 27 ottobre scorso, il progetto “Lacos De Catzigare” ha vinto il Prix de la recherche en archéologie du vin nell’ambito dell’assemblea annuale del percorso culturale europeo European Wine Day e ITER VITIS Les Chemins de La Vigne en Europe, che si è svolto nella città francese di Tolosa. Oltre a questo importante riconoscimento, diverse testate nazionali e internazionali hanno dedicato allo stesso, numerosi articoli. Anche l’adesione immediata al progetto e la fattiva collaborazione nell’ambito delle varie attività da parte dei vari enti e associazioni culturali, è stata un indicatore certamente molto confortante. Ogni attività è stata finora accompagnata da una riflessione critica sulla validità professionale, sull’approccio comunicativo adottato con l’esterno, nello sforzo di superare la frattura profonda tra chi si occupa di cultura, le istituzioni e i fruitori di essa. Prima di proporre nuove iniziative, diventa quindi fondamentale riuscire a valutare e quantificare, con tutti gli strumenti a disposizione, l’impatto delle attività partecipative proposte finora. Il percorso è molto lungo, ma quanto ottenuto dimostra che un modello condiviso di ricerca e di gestione del patrimonio culturale è possibile.


Per approfondire:

Monografie 

❖ Loi C (2017), Pressoi Litici In Sardegna Tra Preistoria E Tarda Antichità. FECIT TE, p. 1- 352, ROMA: Scienze e Lettere  Editore Commerciale.

Contributo in Atti di convegno 

❖ Loi C, Brizzi V (corso di stampa), Dalla rappresentazione alla ricostruzione di una capanna preistorica: archeologia sperimentale a Mandras, Convegno Terra, legno e materiali deperibili nell’architettura antica (Padova, 3-5 giugno 2021).

❖ Loi C, Brizzi V (corso di stampa), Un approccio partecipativo al censimento dei palmenti (poster), Vine-growing and  Winemaking in the Roman World: An international conference (Roma, 27-29 ottobre 2021). 

❖ Loi C (corso di stampa), I palmenti rupestri di Bosa (poster), Vine-growing and Winemaking in the Roman World: An  international conference (Roma, 27-29 ottobre 2021). 

❖ Loi C (2020). I pressoi litici della Sardegna centrale. Analisi tipologica e indagine sperimentale, in (a cura di): Giacomo  Paglietti, Federico Porcedda, Samuele Antonio Gamiano, Notizie e scavi della Sardegna Nuragica. p. 459-467,  DOLIANOVA – CAGLIARI:Grafica del Parteolla, ISBN: 9788867912377, Serri, 20-22 aprile 2017. 

❖ Loi C (2016). Pressoi litici in Planargia. Obiettivi e primi risultati di una ricerca in corso, in (a cura di): Antonello Mattone e  Maria Bastiana Cocco, BOSA La città e il suo territorio dall’età antica al mondo contemporaneo. p. 27-32, SASSARI:Carlo  Delfino Editore, ISBN: 9788871389134, Bosa, 24 al 25 ottobre 2014.  

❖ Loi C (2015). Studi preliminari sulla catena produttiva dell’olio di lentisco fra testimonianze etnografiche e sperimentazione,  in (a cura di): Marco Calaresu, Gabriella Colucci, Caterina Dessole,. C […] , Federico Zappino.“Ricerca in vetrina.  Originalità e impatto sul territorio regionale della ricerca scientifica di dottorandi e dottori di ricerca”. p. 333-338, FRANCO  ANGELI, ISBN: 978889170319472013 

❖ Loi C (2013), Preliminary studies about the productive chain of lentisk oil through ethnographic witnesse and experimentsV Convegno Etnoarcheologia “L’etnoarcheologia come ricerca di campo”, Roma 13-14 Maggio 2010. 

❖ Usai A, Loi C, Lo Schiavo F (2013). Frammento di lingotto “a forma di pelle di bue” ed altri dal nuraghe Benezziddo di  Aidomaggiore (Oristano), in (a cura di): Joseph Cesari, Les lingots peau-de-boeuf et la navigation en Méditerranée centrale. PATRIMOINE D’UNE ÎLE, vol. 4, p. 38-43, AJACCIO:Editions Alain Piazzola, ISBN: 978-2-36479-029-2, ISSN:  1262-2958.  

❖ Loi C (2013), Preliminary studies about the productive chain of lentisk oil through ethnographic witnesse and experiments,  in Ethnoarchaeology: current research and field methods. BAR INTERNATIONAL SERIES, vol. 2472, p. 58-62,  Oxford:Archaeopress Publishers of British Archaeological Reports, ISBN: 9781407310831, ISSN: 0143-3067, Roma, 13- 14  maggio.  

❖  Loi C, Brizzi V (2012), Nuovi approcci alla sperimentazione sugli impatti dei proiettili litici, in XLIV Riunione Scientifica – La  Preistoria e la Protostoria della Sardegna. ATTI DELLE RIUNIONI SCIENTIFICHE, vol. III, p. 1183-1188,  ORTACESUS:Nuove Grafiche Puddu, ISBN: 978-88-7138-913-4, Cagliari, Barumini, Sassari, 23-28 Novembre 2009.  

❖ Loi C (2010), INCONTRO FRA IPOGEISMO E MEGALITISMO NEL TERRITORIO DEL BARIGADU (SARDEGNA,  ITALIA), in (a cura di): Juan Antonio Cámara Serrano José Andrés Afonso Marrero Liliana Spanedda, Links between  Megalithism and Hypogeism in Western Mediterranean Europe. BAR INTERNATIONAL SERIES, vol. 2151, p. 95-105,  OXFORD: Archeopress BAR International Series.

❖ Loi C, Brizzi V (2010), Ipotesi interpretative sull’industria litica del monte S.Vittoria di Neoneli (OR), in (a cura di): Carlo  Lugliè, L’ossidiana del Monte Arci nel Mediterraneo . vol. I, p. 235-254, Ales: NUR.

Articoli in rivista 

Quaderni Della Soprintendenza Archeologica Per Le Province Di Cagliari e Oristano

❖ Usai A, Loi C, Ciardi R (corso di stampa), La Tomba Dipinta di Mandras dal degrado al restauro

❖ Loi C (2018), I palmenti rupestri di Ruinas., vol. 29, p. VIII-IX.

❖ Loi C (2020), Impianti vinari da Bortigali., vol. 31, p. 324.

❖ Loi C (2020), Antichi impianti di produzione del vino da Neoneli. vol. 31, p. 325. 

❖ Loi C (2017), Palmenti rupestri nella Sardegna centro-occidentale. vol. 28, p. 317-338.

❖ Loi C, Brizzi V (2017), Nucleo di ossidiana da Ardauli. vol. 28, p. VII.

Archeomedia 

❖ Loi C (2023), Il vino in palmento. La storia dei vini antichi di Ardauli.

❖ Loi C (2023), Nuovo impianto vinario da Cajaitro – Ardauli (OR). 

❖ Loi C (2022), Archeologia rurale. Palmenti rupestri delimitati da ortostati e muri a secco.

❖ Loi C (2021), SARDEGNA. Concorso Lacos de Catzigare – i palmenti rupestri di Ardauli, 1 Aprile 2021.

❖ Loi C (2021), La necropoli ipogeica di Arzolas – Ardauli OR.

❖ Loi C (2021), L’insediamento preistorico di Crabiosu-Istudulè (Ardauli – OR).

❖ Loi C (2021), I palmenti rupestri di S’abba Druche – Bosa.

❖ Loi C (2020) Ardauli (Or). Necropoli ipogeica Iscala Mugheras. 

❖ Loi C (2020), L’olio e la Sardegna. Rapporto antico e vitale.

❖ Loi C (2020), Le antiche vasche da vino di Ula Tirso (OR).

❖ Loi C (2020), Palmenti rupestri della Sardegna centrale tra archeologia ed etnografia.

❖ Loi C. (2020), ARDAULI (Or). Lacos de Catzigare: I palmenti rupestri di Ardauli.

❖ Loi C (2020), Palmenti rupestri della Sardegna centrale tra archeologia ed etnografia.

❖ Loi C (2020), Le antiche vasche da vino di Ula Tirso (OR). 

❖ Loi c (2020), Necropoli ipogeica di Iscala Mugheras.

❖ Loi C (2019), Testimonianze prenuragiche nel Barigadu (Sardegna). 

Sardegna Antica 

❖ Loi C (2020), Palmenti rupestri di Ruinas, vol. 56, p. 37-38 

❖ Loi C, Brizzi V (2016), Da una punta di freccia, vol. 49, p. 10-14.

Archeologia Viva 

❖ Loi C, Ciacci A (2020), L’olio e la Sardegna. Rapporto antico e vitale, n. 202, luglio/agosto 2020, pp. 68-73 

❖ Loi C, Ciacci A (2015), Vigne e palmenti. Il Mediterraneo racconta. vol. 174, p. 2-7.

❖ Loi C (2014), Archeosperimentare. L’Età del Rosso. vol. XXXIII, p. 13. 

❖ Loi C (2012), La Tomba Dipinta di Mandras, p. 62-69.

❖ Loi C (2011), Archeosperimentare: esperti in Sardegna. vol. 149, p. 9.

❖ Loi C (2010), Archeosperimentare in Sardegna. Anno XXIX – N 144, p. 13.

Cuadernos De Prehistoria Y Arqueología De La Universidad De Granada 

❖ Loi C, Brizzi V (2013). Tranciante Trasverso, Cui Prodest?, vol. 23, p. 133-164.

❖ Loi C, Brizzi V (2009). L’industria dei taglienti di Monte S. Vittoria (Neoneli, OR), vol. 19, p. 307-325. Sardinews 

❖ Loi C (2012), Quando in Sardegna si lavorava il lino. I fasci battuti con un maglio di legno., vol. 2 ANNO XIII, p. 20-21 

❖ Loi C (2011), Pistacia Lentiscus, tesoro in Sardegna. L’America lo ricerca per la cosmesi, vol. 12, anno XII, p. 26-27 

Tiro Con L’arco Tradizionale 

Loi C (2012), Da una semplice punta di freccia. Tiro Con L’arco Tradizionale, p. 78-81. 

Loi C (2012), Le corde di lino per archi fra etnografia e sperimentazione archeologica, vol. 1, p. 82-85. 

Pubblicazioni Varie 

❖ Loi C (2019), Nuovi impianti di produzione dell’olio nella Sardegna centrale. Facta A Journal of Late Roman, Medieval and  Post-Medieval Material Culture Studies F. Serra editore, Pisa-Roma, pp. 45-73.  

❖ Loi C (2019), Antichi impianti di produzione del vino: i palmenti di Neoneli (OR). Sibrium, vol. 33, p. 107-140.  

❖ Loi C (2016), Antichi impianti e tecniche di spremitura dell’uva nella Sardegna centroccidentale. Rivista Di Storia  Dell’agricoltura, p. 97-108.  

❖ Loi C (2011), Archeologia sperimentale tra ricerca e valorizzazione del territorio. Logos, vol. Anno XXVII – N 15, p. 2-5 

❖ Loi C (2011), Preistoria e protostoria: strategie di sussistenza. Làcanas, vol. 51, p. 62-64.  

❖ Loi C, Montalto M (2010), Cippi funerari a capanna da Ardauli (Or). Sardinia, Corsica Et Baleares Antiquae, p. 75 -79.  

❖ Loi C (2006), Ardauli (Sardinia, Italy) – Rock-cut tomb painted of Mandras. Arqueología Y Territorio, vol. 3, p. 153-160. 

Contributo in volume (Capitolo o Saggio) 

❖ Loi C (2019). La storia. In: Gianni Paba, Cinzia Loi. Ardauli e la sua gente. p. 21-32, GHILARZA (OR): Tipografia  Ghilarzese. 

❖ Loi C (2015), L’olio di lentisco. Testimonianze archeologiche sui metodi di produzione nella Sardegna centrale. Alle origini  del gusto. Il cibo a Pompei e nell’Italia antica. p. 136-139. 

❖ Loi C (2012). L’economia del paesaggio. In (a cura di): Giacomo Mameli, Sardo Sono. p. 261-265, CAGLIARI:CUEC  Editore.

❖ Loi C, Brizzi V (2011). New experimental approaches on lithic projectile macro-wear analysis: A case study. In (a cura di):  Dragos Gheorghiu George Children , Experiments with Past Materialities. BAR INTERNATIONAL SERIES, vol. 2302. 

❖ Loi C (2009). Lodè. I materiali litici e ceramici. In: MELIS P. Censimento archeologico nel territorio di Lodè. Muros- Sassari: Nuova Stampacolor.

Conseguimento di premi e riconoscimenti per l’attività scientifica del progetto

Nell’ottobre 2023 questo progetto di valorizzazione chiamato “Lacos de Catzigare” ha vinto il: Prix de la recherche en archéologie du vin, nell’ambito dell’assemblea annuale del percorso culturale europeo “European Wine Day” e ITER VITIS Les Chemins de La Vigne en Europe, che si è svolto nella città francese di Tolosa. 

Sitografia

https://www.raiplaysound.it/audio/2023/11/Le-meraviglie-del-05112023-703c066e-86ce-4abc-9dfe-90d3b1b5ea4d.html       

https://www.archeostorie.it/palmenti-sardi-archeologia-partecipata/

https://aristide.biz/blog/2023/8/27/palmenti-rupestri-ardauli-sardegna

https://www.atlasobscura.com/articles/ancient-etruscan-wine

https://www.lescienze.it/news/2020/11/24/news/sardegna_vasche_pigiatura_uva_vino_vite_eta_bronzo-4839920/

 

 

L'Autore

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Federica Flore
Archeologa e guida turistica. Lavoro con passione per comunicare lo straordinario patrimonio archeologico della Sardegna e del Mediterraneo.

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