Biru ‘e Concas è un Parco Archeologico di estrema importanza per la storia e l’archeologia della Sardegna. Si trova tra le fertili colline granitiche della regione storica del Mandrolisai, immerso in un bosco di lecci e querce da sughero. Biru ‘e Concas è senz’altro uno dei siti megalitici più importanti in Sardegna. L’area archeologica si estende per circa 770 mq lungo il versante nordorientale della collina di Coa ‘e sa Mandara, delimitata ad ovest dal Rio Mannu ed a est dal Rio San Mauro. La zona, posta lungo le vie di comunicazione naturali che collegano la parte ovest del Gennargentu con il Campidano e il Sarcidano, è ricca di acque sorgive e di ruscelli che solcano piccole valli.
Questi fattori naturali hanno reso possibile l’insediamento dell’uomo sin dal Neolitico Recente, come testimoniato dalle numerose domus de janas rinvenute nel territorio. La presenza umana perdurò anche durante l’età nuragica. Di questo sono un esempio il protonuraghe Talei (Età del Bronzo Medio) e il nuraghe Biru ‘e Concas (Età del Bronzo Recente), che prende il nome dall’omonimo sito.
Biru’ e Concas era dunque una località di passaggio, di incontri e di scambi. Per questo motivo qui a partire dal Neolitico Recente (IV millennio a.C.) sino all’Eneolitico (III millennio a.C.) gli uomini scolpirono e posizionarono più di 150 monoliti, rendendo quest’area la zona con la più alta concentrazione di menhir della Sardegna.
Breve storia degli studi e degli scavi
In bibliografia la prima notizia del sito risale al 1990, quando venne pubblicato un volume dal titolo “Progetto i Nuraghi“, a cura di Antonello Piga, in cui si riportava un censimento archeologico eseguito nei territori dell’Ogliastra, della Barbagia e del Sarcidano. Per quanto riguarda Biru’ e Concas (detto Bidu’ e Concas nella pubblicazione), si fa riferimento ad una trentina di menhir e ad un nuraghe con annesso villaggio. I menhir nominati erano sia scolpiti in maniera grossolana sia finemente lavorati a martellina. Gli studiosi datarono i monoliti all’Eneolitico (III millennio a.C.) e si ipotizzò la loro correlazione ad un luogo funerario.
Un primo intervento di scavo archeologico si effettuò nel 1994, sotto la direzione scientifica di Maria Ausilia Fadda, la quale si focalizzò sull’area in cui vi era la maggiore concentrazione di menhir e si impegnò a innalzare una parte di essi in due allineamenti. Le indagini proseguirono poi con la creazione di vari saggi archeologici volti a individuare il villaggio di riferimento. L’area prescelta fu la zona medio-bassa della collina di Coa ‘e Sa Mandara dove le acque meteoriche non potevano ristagnare e dove era più semplice dar vita ad un villaggio capannicolo. I sondaggi effettuati, sebbene non avessero restituito strutture murarie, permisero di scoprire una grande quantità di frammenti ceramici, punte di freccia in ossidiana e selce. La ceramica diede la possibilità agli archeologi di datare il contesto tra il Neolitico Recente e l’Eneolitico (IV-III millennio a.C.).
In seguito nel 2004, il comune di Sorgono diede vita ad un programma di valorizzazione del sito, acquistando i terreni, ancora oggi di proprietà comunale, e creando una semplice cartellonistica per orientarsi nel sito. Nel 2006 il Ministero dei Beni Culturali (oggi Ministero della Cultura) decise di stanziare dei fondi per la valorizzazione archeologica anche dal punto di vista scientifico, grazie al programma “Piano Nazionale per l’archeologia“. Per questo motivo si diede vita ad un vero e proprio parco, alla cartellonistica esplicativa e a vari sentieri che risaltassero l’elemento archeologico, paesaggistico e naturalistico.
Grazie a questo progetto, tra il 2010-2011 il sito fu interessato da nuove indagini sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica per le province di Sassari e Nuoro. Nell’ambito di questo intervento si incominciò con la ripulitura dell’area e la sistemazione del muro di recinzione. Ciò permise di individuare altri menhir. Tuttavia, l’elemento principale di questi lavori fu lo scavo di una struttura muraria a doppio paramento e andamento circolare, la quale venne indagata solo parzialmente, ma che verosimilmente doveva racchiudere al suo interno un’area di 1600 mq.
Si tratta di una muraglia megalitica con porta d’accesso rettangolare situata nella zona sudorientale del monumento. Grazie al rinvenimento di numerosi frammenti ceramici e al confronto con altre strutture simili rinvenute in Sardegna, la muraglia di Biru ‘e Concas fu innalzata probabilmente durante la fase della cultura di Monte Claro, ossia nel pieno periodo Eneolitico (2400-2100 a.C.).
I tipi di menhir rinvenuti in Sardegna e a Biru ‘e Concas
Con il termine di origine bretone menhir si fa riferimento ad una “pietra lunga” infissa nel terreno. In Sardegna queste pietre più o meno lavorate sono definite “perdas fittas” o “perdas ficchias“, appunto pietre conficcate.
Questi monoliti sono un’espressione del megalitismo non solo isolano, ma anche europeo e mediterraneo. Per quanto riguarda il caso sardo, le perdas fittas furono erette a partire dal Neolitico Medio (V millennio a.C.), come testimoniato dalla necropoli di Li Muri ad Arzachena. Si trattava di monoliti di piccole dimensioni e appena sbozzati.
La creazione di menhir continuò nel Neolitico Recente e nell’Eneolitico. Le sculture furono caratterizzata da un’evoluzione: i primi attestati sono tipi più semplici, appena lavorati, e col tempo si arrivò a esemplari più rifiniti come le cosiddette statue-menhir. I monoliti erano solitamente eretti singolarmente, in coppia, oppure in gruppi disposi in allineamento o in circolo e venivano posti ai margini delle aree funerarie o degli abitati.
In maniera particolare, i menhir del sito di Biru ‘e Concas sono in granito locale e sono disposti in tre allineamenti. La maggior parte è del tipo protoantropomorfo, ossia lavorati sino a creare una rudimentale figura umana, con faccia piana e retro convesso.
Tra questi sono stati trovati un menhir detto antropomorfo, con la raffigurazione degli occhi e del naso, e una statua-menhir munita di volto e del tipico pugnaletto in vita. Quest’ultimo esemplare, trova dei puntuali confronti con le statue-menhir rinvenute nel comune di Laconi, localizzato nella regione del Sarcidano, e oggi esposte presso il Museo della Statuaria Preistorica in Sardegna dell’omonimo paese.
Ma quale era la funzione e il significato dei menhir? E perché gli uomini e le donne del Neolitico e dell’Eneolitico scelsero l’area di Biru ‘e Concas per dare vita ad una così alta concentrazione di perdas fittas? Lo scopriremo insieme nel prossimo itinerario programmato per domenica 24 Aprile, in cui visiteremo il sito di Biru’e Concas e il Museo della Statuaria Preistorica a Laconi.
Per approfondire:
USAI LUISANNA 2019, Sorgono: il complesso megalitico di Biru ‘e Concas e la preistoria e protostoria del Mandrolisai, Siena 2019.
Articolo di Mare Calmo: Alla scoperta dei menhir di Laconi e del megalitismo in Sardegna
Vi aspettiamo per visitare insieme Biru ‘e Concas, con il nostro speciale itinerario dedicato al suo Parco Archeologico nel territorio di Sorgono!
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