Il Campidano fin dall’età nuragica è stato luogo di importanti attività produttive e scambi che riguardavano tutto il Mediterraneo. In particolare il territorio di Guspini, con le miniere di Montevecchio, era interessato da un’intensa produzione metallurgica.
Il territorio di Guspini in età nuragica tra miniera e mare
Sabato 18 marzo proprio a Guspini, durante un convegno organizzato dal Gruppo Archeologico di Neapolis, è emersa una nuova interessante ipotesi in proposito. L’ha presentata al pubblico la Dott.ssa Laura Garau, archeologa che da anni lavora in maniera indipendente sul territorio, portando avanti la ricerca avviata con la sua tesi di laurea, incentrata sul censimento dei resti nuragici di questa zona.
Ripercorriamo insieme il suo intervento dal titolo “Il territorio di Guspini in età nuragica tra miniera e mare”.
La premessa si è concentrata sul concetto di paesaggio, inteso come una costante osmosi tra l’opera dell’uomo e l’ambiente in cui vive.
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Sono state dunque individuate due macroaree, ponendo come punto di riferimento l’area mineraria di Montevecchio: una nella parte meridionale e l’altra in quella di nord-ovest.
Ogni macroarea si caratterizza per l’omogeneità delle tecniche costruttive, dei materiali utilizzati e dello schema territoriale.
Della macroarea sud fanno parte protonuraghi, nuraghi e tombe dei giganti.
Alcuni esempi sono:
– il protonuraghe Cara;
– il protonuraghe complesso Arrosu;
– il nuraghe Terra Furca, con una sola torre (monotorre);
– il nuraghe Terra Maistus;
– la tomba dei giganti di San Cosimo;
– la tomba dei giganti di Bruncu Sa Grutta;
– il nuraghe di Bruncu Sa Grutta, di tipo complesso, forse circondato da 4 torri (quadrilobato).
La concentrazione dei resti di epoca nuragica, la complessità di alcuni nuraghi (polilobati, ossia con più torri), le dimensioni della tomba dei giganti di San Cosimo (la terza più lunga in Sardegna) e il ritrovamento al suo interno di una collana chiaramente d’importazione micenea (XIV secolo a.C.) sono tutti elementi che ci fanno intuire la ricchezza e la complessità di questa zona e delle società che la abitavano.
Nella macroarea di nord-ovest invece viene collocata la possibile via che dalle miniere di Montevecchio si snodava per circa 29 km, fino alla costa e alla laguna di Marceddì. Si tratterebbe di un percorso utilizzato in età nuragica per trasportare i metalli fino ad un eventuale porto.
L’area in esame appare vigilata da numerosi nuraghi, con una sola torre o di tipo complesso, oltre che da villaggi. Questa via poteva essere percorsa a piedi in circa 8 ore, calcolando una velocità di 4 km/h. I diversi nuraghi presenti lungo la via potevano servire come tappe intermedie. Queste strutture potevano anche svolgere la funzione di luoghi di trasformazione primaria dei metalli, come suggerito dal ritrovamento di matrici di fusione e scarti di lavorazione nel sito di Saurecci.
Di seguito alcuni esempi di siti archeologici individuati lungo la via, partendo dalle miniere di Montevecchio:
– il nuraghe Urradili, di tipo quadrilobato;
– il nuraghe Bruncu’e S’Orku, di tipo quadrilobato e preceduto da mura formate da 6 torri (il cosiddetto “antemurale”);
– il nuraghe Santa Sofia, con tre torri;
– il nuraghe Crabili, di tipo polilobato;
– il nuraghe Monte Ois, un monotorre;
– il nuraghe Frucca, un monotorre.
Il complesso nuragico di Saurecci
Un particolare approfondimento è stato dedicato a Saurecci che poteva essere il primo punto di interesse dell’ipotetica via. Appare come un’imponente muraglia, posta a 176 metri di altezza, dotata di 4 torri. Le strutture che si osservano appartengono tutte all’età nuragica.
Ben nota in letteratura, è stata datata a differenti epoche: dall’età del Rame, anche grazie a ritrovamenti di ceramica “Monte Claro”, all’età del Bronzo finale. Di recente un articolo pubblicato da diversi specialisti (Vanzetti et al. 2014), ha definito questa costruzione una “muraglia senza nuraghe”.
L’ipotesi della Dott.ssa Garau è un’altra. Si tratterebbe di poderose mura (il cosiddetto antemurale) che racchiudono un nuraghe ora non visibile a causa della fitta vegetazione. Infatti, dallo studio delle foto aeree e da ricognizioni sul campo, si individuano tracce di possibili strutture all’interno della muraglia che potrebbero indicare la presenza di una torre centrale in parte crollata.
La conferenza si è chiusa con l’analisi di un suggestivo filmato girato con un drone, dalla ditta S.P.A.I. Associati, nella località Saurecci.
Vi aggiorneremo sulle ricerche dell’archeologa Laura Garau che ci auguriamo possano essere verificate con la realizzazione di veri e propri scavi archeologici nel sito di Saurecci. Solo così si potrà fare luce su questo complesso, e raccogliere preziose informazioni sugli eventuali collegamenti tra le miniere di Montevecchio e il mare.
Per approfondire:
ARDU, A. e GARAU, L.: “Il relitto di Domu ‘e S’Orku: un’antichissima imbarcazione naufragata nella costa di Arbus (Sardegna – Centro Occidentale)”, in Archeologia Subacquea 2.0, V Convegno Nazionale di Archeologia Subacquea (Udine, 8-10 settembre 2016), in stampa [https://www.academia.edu/29763856/I…].
GARAU L. e SANNA C. (2015): “El recinto amurallado de Saurecci (Guspini, Cerdeña, Italia): conexión entre minas y mar”, in Fortificaciones en la Edad del Hierro: Control de los recursos y el territorio, pp. 567-574. ISBN: 978-84-944018-6-2 [https://www.academia.edu/16162024/E…]
VANZETTI A., CASTANGIA G.D., DEPALMAS A., IALONGO N., LEONELLI V. e PERRA M. (2014): “Complessi fortificati della Sardegna e delle isole del Mediterraneo occidentale nella protostoria. Mura di legno, mura di terra, antico”, in Scienze dell’Antichità, n. 19, fass. 2/3, Atti del Convegno Internazionale Studi della Sapienza di Roma (7-9 maggio 2012), Edizioni Quasar, pp. 83-123. [https://www.academia.edu/14503730/A…]
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