Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Il castello di Medusa nel territorio di Samugheo è realmente un maniero ricco di storia e avvolto da un'aurea di mistero, spesso alimentata da fantasiose leggende popolari. Edificato nel corso del periodo bizantino in Sardegna, il castrum è stato oggetto nei secoli di depredazioni, il più delle volte dettate dalla brama di ritrovare fantomatici tesori. Ciò ha contribuito a compromettere la stratigrafia archeologica e di conseguenza la ricostruzione puntuale delle varie vicissitudini che lo hanno interessato. Nonostante questo, il castello di Medusa è un sito di incantevole bellezza ed è molto importante per la storia del territorio di Samugheo e dell'Isola. Infatti, noi di Mare Calmo abbiamo deciso di dedicargli un articolo, al quale ne seguirà presto un altro di approfondimento. Buona lettura! Localizzazione del castello Il castello di Medusa è situato al confine tra il comune di Samugheo ed il comune di Asuni, nella regione storica del Mandrolisai. La zona è conosciuta come Brabaxianna, che vuol dire "Porta della Barbagia". Il suo territorio, caratterizzato da una serie di monti, diruppi e pareti rocciose, è particolarmente interessante non solo dal punto di vista storico ed archeologico, ma anche naturalistico. Infatti, nel 2012 una delibera della Regione Sardegna l'ha nominato area SIC (Sito di Interesse Comunitario), la quale è estesa circa 493 ettari e si situa tra i comuni di Samugheo, Asuni e Laconi. Tale regione geografica presenta un paesaggio incontaminato, poco antropizzato, ricco di sorgenti d'acqua e di grotte di cui ne sono note 18, localizzate lungo le falesie rocciose del castello. Tra le specie animali monitorate e protette di ricorda il geotritone sardo, che dimora
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language."Alla scoperta della salute e del benessere nell'età romana" è il titolo di una speciale mostra temporanea curata ed allestita grazie alla collaborazione con l’Associazione Sardinia Romana, la quale si è occupata, dopo un attento studio, di riprodurre fedelmente gli utensili usati dai medici romani. L'esposizione è attualmente ospitata all'interno del MuMe - Museo del Meilogu Medievale di Bessude, che la nostra Associazione ha in gestione dal Settembre 2023, e permette di immergersi in un ambulatorio medico e nell’ambientazione degli antichi stabilimenti termali. Tra i contesti archeologici cha hanno restituito il maggior numero di questo tipo di strumenti ci sono Pompei, Ercolano (I secolo d.C.), ma soprattutto la domus del chirurgo di Rimini (II-III secolo d.C.), dove è stato rinvenuto un armamentario completo di circa 150 utensili appartenuti a Eutyches, il medico che qui vi dimorava. Alle origini della medicina nell’antica Roma Le vere e proprie pratiche mediche arrivarono a Roma grazie ai contatti con il mondo greco e soprattutto a seguito della sua conquista. Il primo medico menzionato dalle fonti è Acargato, che arrivò nell’Urbe intorno al 219 a.C. Egli fu così apprezzato per le sue mansioni che il Senato non solo gli concesse la cittadinanza romana, ma gli permise di avere una sua taberna medica, ossia un suo ambulatorio in cui visitare e curare i pazienti. Roma inoltre ospitò importantissimi trattatisti, tra cui il fondatore della botanica farmaceutica, Dioscuride Pedànio (I secolo d.C.), che pubblicò De materia medica; Sorano di Efeso (prima metà del II secolo d.C.), medico ellenista, che pubblicò Gynaecia, un trattato di ginecologia, e soprattutto Aulo Cornelio Celso (14 a.C.-37 d.C.) con
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Grazie a questo speciale articolo, andremo alla scoperta di un tema molto particolare e poco conosciuto, spesso anche per la mancanza di fonti e dati scientifici tangibili. Dove nacquero le prime comunità cristiane e dove professavano i loro culti? Dopo una breve introduzione sui dati che conosciamo nel Mediterraneo, faremo un piccolo focus sulla situazione in Sardegna concentrandoci maggiormente sulla nascita delle diocesi nell'Isola. Questi però saranno argomenti che approfondiremo prossimamente. Per il momento, godetevi la lettura di questo articolo che abbiamo scritto appositamente per voi. Le prime comunità cristiane Il Cristianesimo è una religione monoteista nata nel Vicino Oriente, più precisamente nell'area israeliana e palestinese, nel corso del I secolo d.C. Ha origine dunque in una zona geografica abbastanza tumultuosa e che in quel periodo faceva parte dell'Impero romano. Perciò fiorì in seno alla religione giudaica e a quella pagana. Il Cristianesimo si fonda sulla venuta e rivelazione di Gesù, considerato come il Messia e il figlio di Dio, nato, morto e risorto per la salvezza del mondo. Per tradizione, a seguito della morte di Cristo avvenuta per mezzo della crocifissione sotto l'imperatore Tiberio (probabilmente tra il 30-33 d.C.), nacque la prima comunità cristiana a Gerusalemme per volere degli stessi Apostoli. Nel giorno di Pentecoste, essi, da quanto emerge dalla lettura dei Vangeli, erano stati incaricati da Gesù stesso di portare la buona novella in tutto il mondo allora conosciuto. Tuttavia, dove si riunivano questi primi cristiani per veicolare il messaggio di Cristo? Dalla lettura dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli, si evince che Gesù prima e gli Apostoli poi predicavano non in un edificio
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Torniamo a occuparci pubblicamente del tema della Gran Torre, anche se in realtà non abbiamo mai smesso di farlo privatamente dal 2019 a oggi. Ci riferiamo ovviamente al monumento, la più grande torre costiera della Sardegna, che recentemente ha iniziato a prendere voce e a denunciare in prima persona il suo stato di degrado e la mancanza di un vero e proprio progetto di valorizzazione. Ovviamente si tratta di un post ironico, che la nostra Associazione ha creato per sensibilizzare l'opinione pubblica su un tema molto serio. Talmente serio che nei giorni scorsi è stato trattato sulla stampa regionale, con un bell'articolo a firma della giornalista Marianna Guarna per il quotidiano L'Unione Sarda. Nell'articolo compare una replica dell'Assessore alla Cultura del Comune di Oristano, Luca Faedda. Intervistato dalla giornalista, l'Assessore avrebbe negato tutto, sostenendo che le foto pubblicate recentemente e che evidenziano il degrado nella terrazza superiore della Gran Torre sarebbero datate. Faedda sostiene inoltre che la situazione oggi non sarebbe quella nelle foto, come dimostrerebbero le immagini e le riprese fatte nel corso degli eventi organizzati negli ultimi mesi all'interno della Gran Torre. Qualcosa non torna: ma l'Assessore ha capito che le foto sono della terrazza? Peccato che i recenti eventi organizzati dentro la Gran Torre con il Patrocinio del Comune di Oristano, abbiano avuto luogo esclusivamente nell'ampio spazio interno del monumento. Mentre le nostre immagini che mostrano l'infestazione dei piccioni, con il relativo guano, rappresentano una situazione che riguarda la terrazza esterna della Gran Torre. Invitiamo dunque pubblicamente l'Assessore a organizzare una visita guidata al monumento per verificarne lo stato, e soprattutto per documentarsi direttamente,
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Mare Calmo e Sardinia Romana nuovamente insieme per lo speciale evento “Alla scoperta della salute e del benessere nell'età romana", questa volta nella suggestiva cornice del MuMe - Museo del Meilogu Medievale di Bessude (SS) che permetterà al visitatore di scoprire il mondo della medicina e del benessere nell’età romana. Tutto questo e molto altro verrà raccontato attraverso uno speciale allestimento che sarà visitabile dal 27 al 30 Dicembre 2023. Grazie alle fedeli ricostruzioni dell’Associazione Sardinia Romana, ci si potrà immergere in una taberna medica, ossia l’ambulatorio medico di età romana, e nell’ambientazione degli stabilimenti termali antichi. In maniera particolare, si potranno vedere le riproduzioni delle suppellettili utilizzate dai medici romani durante le operazioni chirurgiche. Tra i contesti archeologici cha hanno restituito il maggior numero di questi strumenti ci sono Pompei, Ercolano (I secolo d.C.), ma soprattutto la domus del chirurgo di Rimini (II-III secolo d.C.), dove è stato rinvenuto un armamentario medico completo di circa 150 utensili appartenuti a Eutyches, il medico che qui vi dimorava. LUOGO E ORARI La mostra si svolgerà presso il MuMe - Museo del Meilogu Medievale, sito in via Roma 24 a Bessude. Sarà fruibile dal 27 al 30 Dicembre nei seguenti orari di apertura: Mercoledì 27 Dicembre 2023: 15:00/18:00 inaugurazione della mostra con visita guidata Giovedì 28 Dicembre 2023: 15:00/18:00 visite guidate alla mostra e all’esposizione museale a cadenza oraria con ultimo ingresso alle ore 17:00 Venerdì 29 Dicembre 2023: 15:00/18:00 visite guidate alla mostra e all’esposizione museale a cadenza oraria con ultimo ingresso alle ore 17:00 Sabato 30 Dicembre 2023: 15:00/18:00 visite guidate alla mostra e all’esposizione museale a
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Per l'archeologia sperimentale della Sardegna lo studio del vino, e in particolare della sua produzione in antichità, è uno dei filoni più appassionanti sviluppato dai ricercatori. Ci sembra giusto dedicare uno spazio importante sul nostro blog a chi negli ultimi decenni ha approfondito in maniera particolare e anche innovativa questi temi, tanto da ricevere dei riconoscimenti di livello internazionale. Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di conoscere ed intervistare Cinzia Loi. Oltre che essere archeologa, Cinzia è anche presidente dell'Associazione Paleoworking, che fin dal 2005 si occupa di ricerca scientifica e archeologia sperimentale in Sardegna. Ha partecipato a numerose campagne di scavo sia nel territorio nazionale che all'estero e il suo principale filone di ricerca riguarda lo studio dei processi di produzione e delle attività produttive, con particolare concentrazione sui così detti "palmenti rupestri". Si tratta di speciali impianti di produzione del vino che sono attestati in tutta la Sardegna, e caratterizzano fortemente il territorio di Ardauli, in provincia di Oristano. L'analisi e il recupero di tali strutture hanno dato vita nel 2020 al progetto partecipato chiamato "Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli". Nell'ambito dell'assemblea annuale del percorso culturale europeo European Wine Day e ITER VITIS Les chemins de la Vigne en Europe tenuta a Tolosa l'ottobre scorso, tale progetto ha vinto il premio Prix de la recherche en archéologie du vin. Buona lettura! Quando è nata l'Associazione Paleoworking e di cosa si occupa? L'Associazione Paleoworking Sardegna, attiva dal 2005, è nata con l’intento di coniugare la ricerca archeologica con la valorizzazione delle radici culturali dell’isola, attraverso progetti di ricerca incentrati sull'archeologia sperimentale. La
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language. Da venerdì 19 a domenica 21 maggio a Oristano si parlerà di Sviluppo Sostenibile, e l'Associazione Mare Calmo non ci sarà. Non ci sarà per un semplice motivo: non è stata invitata. Sono anni che il Comune di Oristano promette un "tavolo per la cultura", oppure "un tavolo delle associazioni" che riunisca tutte quelle realtà che potrebbero dare un contributo allo sviluppo sostenibile del nostro territorio. Peccato che questo "tavolo oristanese" non sia mai stato creato, forse preferendo all'artigianato locale delle soluzione prefabbricate e facili da montare. Ci sembra evidente che le recenti amministrazioni preferiscano dialogare con le grandi realtà. E noi siamo piccoli, piccolissimi. Questo è vero ma siamo piccoli oristanesi. Siamo sardi. Siamo mediterranei e cittadini del mondo. E davvero non riusciamo a immaginare uno sviluppo sostenibile, se anche i più piccoli non vengono tenuti in considerazione. A nostro avviso la sostenibilità, quella vera, risiede nei piccoli gesti quotidiani. Nei micro eventi, nelle reti di relazioni sociali e professionali che una comunità riesce a costruire. Ce lo insegna la natura: la sostenibilità risiede nelle piccole cose. Buon Festival a tutti!
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Con questo breve articolo ho il piacere di presentarvi il frutto della mia ultima tesi, che ha per oggetto lo studio della diffusione di un particolare tipo tombale, definito tomba a camera costruita, o nelle pubblicazioni scientifiche anche come ashlar built tomb. Questo particolare modo di costruire le tombe è stato attesta in diverse culture: da quelle mesopotamiche a quella fenicia della Sardegna. Il lavoro è stato complesso a causa delle poche fonti e studi in merito. Disponiamo, infatti, di scarse pubblicazioni scientifiche e spesso in lingua non italiana. Eppure è un argomento molto affascinante, che mette in luce quanto il Mediterraneo in antico fosse realmente un ponte di unione, tramite il quale le diverse popolazioni si incontravano e si scambiavano idee e saperi. E in questo, come vedremo, anche la Sardegna era una protagonista. Ma cosa sono le tombe a camera costruita? Dal punto di vista tecnico, si tratta di tombe probabilmente destinate a persone importanti per la comunità, caratterizzate da una o più camere funerarie. Queste erano realizzate grazie alla giustapposizione e sovrapposizione di blocchi litici ben lavorati. Spesso si poteva accedere mediante un pozzo, oppure un corridoio, spesso gradinato, detto dromos. Per come le vedo io, sono delle particolari architetture funerarie frutto della somma di varie culture mediterranee, che nel corso dei secoli si sono incontrate e che hanno interpretato quel messaggio acquisito a modo loro, in base alle proprie tradizioni. Trovate delle analogie con altre culture? Vi invito a scriverlo nei commenti al termine dell’articolo. Le tombe a camera costruita in Oriente L'uso della tomba a camera costruita comparve in Mesopotamia sin dal
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Nasce la nuova rubrica SEGNALAZIONI dedicata ai lettori del blog Inauguriamo oggi un nuovo spazio sul blog dedicato alle segnalazioni dei nostri lettori. Viste le numerose richieste che ci sono pervenute negli ultimi tempi, e posto che consideriamo ogni segnalazione preziosa per l'interesse e la sensibilità di chi l'ha condivisa, cercheremo di selezionare quelle che riteniamo più importanti. A tal proposito abbiamo attivato un indirizzo email dedicato, al quale inviare le vostre segnalazioni, che se vorrete verranno pubblicate anche in forma anonima: Segnalazioni@MareCalmo.org Parco di Santa Petronilla, Donigala Fenughedu, Oristano Iniziamo con una segnalazione recente che riguarda l'area di Santa Petronilla, nella frazione di Donigala Fenughedu, a Oristano. L'area è di competenza del Comune di Oristano per quanto riguarda il parco adiacente alla piccola chiesa, che dovrebbe essere di competenza invece dell'Arcidiocesi di Oristano. Premettiamo che ovviamente noi non possiamo fornire le risposte ai quesiti dei nostri lettori, ma intendiamo semplicemente sollecitare in primis dei riscontri ufficiali da parte delle autorità e in secondo luogo degli interventi concreti volti alla valorizzazione del patrimonio pubblico. Le domande Prima domanda del nostro lettore, che preferisce rimanere anonimo: 1) Perché il parco ultimamente è sempre chiuso e sporco? In effetti dalle immagini che abbiamo ricevuto, il parco sembra non solo abbandonato, ma anche sporco e degradato. Visto e considerato che si tratta di un uliveto con annesso parco giochi e area attrezzata per picnic, la situazione appare preoccupante. 2) Chi si occupa della manutenzione e della raccolta delle olive? Da quello che vediamo nelle foto la manutenzione all'interno del parco sembra inesistente. Il lettore sostiene di essere riuscito ad accedere
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