Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Per l'archeologia sperimentale della Sardegna lo studio del vino, e in particolare della sua produzione in antichità, è uno dei filoni più appassionanti sviluppato dai ricercatori. Ci sembra giusto dedicare uno spazio importante sul nostro blog a chi negli ultimi decenni ha approfondito in maniera particolare e anche innovativa questi temi, tanto da ricevere dei riconoscimenti di livello internazionale. Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di conoscere ed intervistare Cinzia Loi. Oltre che essere archeologa, Cinzia è anche presidente dell'Associazione Paleoworking, che fin dal 2005 si occupa di ricerca scientifica e archeologia sperimentale in Sardegna. Ha partecipato a numerose campagne di scavo sia nel territorio nazionale che all'estero e il suo principale filone di ricerca riguarda lo studio dei processi di produzione e delle attività produttive, con particolare concentrazione sui così detti "palmenti rupestri". Si tratta di speciali impianti di produzione del vino che sono attestati in tutta la Sardegna, e caratterizzano fortemente il territorio di Ardauli, in provincia di Oristano. L'analisi e il recupero di tali strutture hanno dato vita nel 2020 al progetto partecipato chiamato "Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli". Nell'ambito dell'assemblea annuale del percorso culturale europeo European Wine Day e ITER VITIS Les chemins de la Vigne en Europe tenuta a Tolosa l'ottobre scorso, tale progetto ha vinto il premio Prix de la recherche en archéologie du vin. Buona lettura! Quando è nata l'Associazione Paleoworking e di cosa si occupa? L'Associazione Paleoworking Sardegna, attiva dal 2005, è nata con l’intento di coniugare la ricerca archeologica con la valorizzazione delle radici culturali dell’isola, attraverso progetti di ricerca incentrati sull'archeologia sperimentale. La
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language. Per l’archeologia sperimentale della Sardegna lo studio del vino, e in particolare della sua produzione in
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Vi siete mai domandati quali cibi mangiassero i nuragici in Sardegna? Con questo secondo articolo alla scoperta della storia millenaria del Sinis conosceremo il sito archeologico di Sa Osa, nel Comune di Cabras. In particolare approfondiremo in che modo i nuragici sfruttavano il territorio di questa regione geografica per trarre le risorse alimentari. Cenni e peculiarità del periodo nuragico nel Sinis Come abbiamo visto nel precedente articolo dedicato al sito di Cuccuru is Arrius, la storia degli insediamenti umani nel Sinis ha inizio nel Neolitico Medio (V millennio a.C.). Tuttavia, è durante l'età nuragica che i villaggi si diffusero in maniera capillare in tutto il territorio. Questi andarono ad occupare non solo le aree lagunari come nel periodo precedente, ma tutti gli ambienti. Per questo motivo, la regione geografica è considerata dagli studiosi come una delle aree più densamente popolate della Sardegna in questa epoca. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Oggi nel Sinis si conservano i resti di 93 nuraghi e centinaia di siti nuragici, circa 1 ogni kmq. La maggior parte sono del tipo a monotorre, ma si conta un gran numero di nuraghi complessi, soprattutto quadrilobati, cioè caratterizzati da una torre principale detta mastio e da altre quattro laterali, unite da un muro di cinta. Gli edifici erano stati costruiti sfruttando i basalti e le arenarie locali, tra la fine del Bronzo Medio e il Bronzo Recente (quindi tra il 1500 e il 1200 a.C.). L'unico scavato ed indagato con la tecnica della stratigrafia è il sito di Murru Mannu, frequentato anche in età fenicia e
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language. Vi siete mai domandati quali cibi mangiassero i nuragici in Sardegna? Con questo secondo articolo alla
La Malvasia di Bosa è un vino che conquista. Lo dice la storia. Ha il colore dell'oro, un profumo inconfondibile, intenso come quello del mare. È un vino da meditazione che, nelle sue qualità così peculiari, racchiude memorie antiche di secoli. Una storia che va oltre il territorio della Planargia, e arriva da lontano per abbracciare tutto il Mediterraneo. La conquista della Malvasia Fu nel Medioevo che la Malvasia divenne uno dei vini più rinomati. Prodotto principalmente nelle isole greche di Creta e Rodi, si deve ai veneziani l'uso di tale appellativo per indicare i vini dolci ed alcolici provenienti dalle regioni orientali del Mediterraneo. Il vitigno, secondo gli studiosi, è probabilmente originario della città di Monemvasia (o Monobasia), sulla costa sud-occidentale del Peloponneso. Monobasia si narra avesse un porto, protetto da un'alta roccia a strapiombo sul mare, con un ingresso strettissimo e difficile da conquistare. Nel 1248 un principe greco, per espugnare la fortezza, chiese aiuto ai veneziani, che rimasero in quel territorio e si spinsero nell'entroterra. I veneziani seppero subito apprezzare la Malvasia, e misero in piedi un intenso commercio trapiantando il vitigno a Creta, loro possedimento fin dal 1204, epoca delle Crociate. La Malvasia in Sardegna Ma come arrivò in Sardegna la Malvasia? Secondo l'ipotesi più verosimile l'introduzione del vitigno risalirebbe al V-VI secolo d.C., subito dopo la caduta dell'Impero Romano. Molto probabilmente arrivò nell'isola tramite gli approdi di Calaris e di Bosa: infatti ha maggiore diffusione nel Campidano di Cagliari e nelle colline della Planargia. Venne poi rinominato in modi diversi: in particolar modo nel nuorese è detto "Alvarega" o "Arvarega" corrispondente all'italiano "bianca greca", il che sembrerebbe confermare quanto sostenuto sulle sue origini. La Malvasia di Bosa oggi Oggi la Malvasia di Bosa, quella DOC, è prodotta in soli 27 ettari di vigneto sparsi in 7 comuni: Bosa, Suni, Tinnura, Flussio, Magomadas, Tresnuraghes, Modolo. Ne esistono 4 tipologie principali: “Malvasia di Bosa” amabile o dolce (15°);
La Malvasia di Bosa è un vino che conquista. Lo dice la storia. Ha il colore dell’oro, un profumo inconfondibile, intenso come quello del mare. È un vino da meditazione che, nelle sue qualità così peculiari, racchiude memorie antiche di secoli. Una storia che va oltre il territorio della Planargia, e arriva da lontano per
L'alimentazione è cultura. Per questo uno degli argomenti che affronteremo nella prossima visita a Tharros sarà l'alimentazione in età nuragica. Si tratta di un aspetto ancora poco noto, ma i recenti risultati presentati dagli studiosi (per esempio al Primo Festival della Civiltà Nuragica di Orroli) permettono di fare luce su cosa si mangiava e come si preparavano i piatti in antichità. Per quanto riguarda la Penisola del Sinis, importanti informazioni ci giungono dal sito di Sa Osa dove sono stati ritrovati resti di bovini, suini, ovicaprini, cervi, pesci e molluschi, ma anche semi di piante selvatiche e coltivate. In particolare, i pesci sono di diverse specie: muggini, orate e spigole. Si tratta di pesci che prediligono le acque con bassa salinità, come gli stagni costieri. E nel sito archeologico di Tharros? Anche in questo centro sono stati ritrovati resti di fauna marina e terrestre, ma di epoca successiva, e abbiamo notizie sull'ambiente circostante. Sappiamo che tra 7000 e 6000 a.C. si formarono le saline di Capo Mannu e già dal Neolitico medio (3900-3300 a.C.) la popolazione viveva intorno alle lagune e agli stagni. Un piatto tradizionale: "Sa Merca" In attesa di studi più specifici su Tharros, vi suggeriamo una ricetta della tradizione locale di Cabras: Sa Merca (o Mrecca). Si tratta di un piatto molto semplice a base di muggine che viene lessato ed avvolto in un’erba palustre chiamata “ziba” o obione, che corrisponde ad una varietà della salicornia. La bollitura e la salatura permettono alla pietanza di conservarsi per alcuni giorni. Ingredienti Muggini Ziba Sale Preparazione Dopo aver squamato i muggini e asportato il fiele, tagliateli e metteteli a lessare in abbondante acqua salata. Scolateli e avvolgeteli tra foglie di erba palustre detta "ziba", lasciandoli così per almeno un giorno. Video Buon appetito! Volete saperne di più? Iscrivetevi alla nostra prossima visita guidata a Tharros!
L’alimentazione è cultura. Per questo uno degli argomenti che affronteremo nella prossima visita a Tharros sarà l’alimentazione in età nuragica. Si tratta di un aspetto ancora poco noto, ma i recenti risultati presentati dagli studiosi (per esempio al Primo Festival della Civiltà Nuragica di Orroli) permettono di fare luce su cosa si mangiava