Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Grazie a questo speciale articolo, andremo alla scoperta di un tema molto particolare e poco conosciuto, spesso anche per la mancanza di fonti e dati scientifici tangibili. Dove nacquero le prime comunità cristiane e dove professavano i loro culti? Dopo una breve introduzione sui dati che conosciamo nel Mediterraneo, faremo un piccolo focus sulla situazione in Sardegna concentrandoci maggiormente sulla nascita delle diocesi nell'Isola. Questi però saranno argomenti che approfondiremo prossimamente. Per il momento, godetevi la lettura di questo articolo che abbiamo scritto appositamente per voi. Le prime comunità cristiane Il Cristianesimo è una religione monoteista nata nel Vicino Oriente, più precisamente nell'area israeliana e palestinese, nel corso del I secolo d.C. Ha origine dunque in una zona geografica abbastanza tumultuosa e che in quel periodo faceva parte dell'Impero romano. Perciò fiorì in seno alla religione giudaica e a quella pagana. Il Cristianesimo si fonda sulla venuta e rivelazione di Gesù, considerato come il Messia e il figlio di Dio, nato, morto e risorto per la salvezza del mondo. Per tradizione, a seguito della morte di Cristo avvenuta per mezzo della crocifissione sotto l'imperatore Tiberio (probabilmente tra il 30-33 d.C.), nacque la prima comunità cristiana a Gerusalemme per volere degli stessi Apostoli. Nel giorno di Pentecoste, essi, da quanto emerge dalla lettura dei Vangeli, erano stati incaricati da Gesù stesso di portare la buona novella in tutto il mondo allora conosciuto. Tuttavia, dove si riunivano questi primi cristiani per veicolare il messaggio di Cristo? Dalla lettura dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli, si evince che Gesù prima e gli Apostoli poi predicavano non in un edificio
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Nei secoli i culti e i riti funerari nelle società antiche di Cagliari hanno subito diversi cambiamenti. Questo è stato il filo conduttore durante la passeggiata mattutina del 7 Gennaio. Per l'occasione abbiamo visitato la necropoli di Tuvixeddu, la Grotta della Vipera e l'area archeologica di San Saturnino. Un viaggio che ci ha portato a conoscere e comprendere l'evoluzione di una città e il mutare dei suoi culti nel corso del tempo. Su Tuvixeddu, la necropoli occidentale di Cagliari, abbiamo già scritto un articolo, che vi invitiamo a leggere nel nostro blog. Questa volta abbiamo scelto di raccontarvi qualcosa in più sulla Grotta della Vipera e sull'area archeologica di San Saturnino. Buona lettura! La Grotta della Vipera La cosiddetta Grotta della Vipera è un mausoleo di età romana, ipoteticamente scavato nella roccia tra il I-II secolo d.C. lungo l'attuale Viale Sant'Avendrace, a Cagliari. All'epoca era la principale via di collegamento della città. Come testimonia ampiamente l'Appia antica a Roma, per i Romani di alto rango era importante farsi costruire la propria tomba, riccamente decorata e con numerose iscrizioni celebrative, lungo le vie di comunicazione. Era una maniera per far conoscere la propria storia illustre a tutti e per preservare, anche in questo modo, la propria memoria. Grazie alle numerose iscrizioni incise sulla roccia calcarea del sepolcro (in tutto 16: 9 in latino e 7 in greco, di cui 14 sono poesie), sappiamo che si tratta della tomba che Lucio Cassio Filippo dedicò alla moglie Attilia Pomptilla. Questa tomba è la testimonianza di una particolare storia d'amore. Dalla lettura delle epigrafi, sappiamo che i due vissero insieme per ben
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Il sito archeologico di Is Bangius (conosciuto anche come "Muru de is Bangius") si localizza lungo le pendici occidentali del Monte Arci, nel territorio comunale di Marrubiu. In quest'area, probabilmente, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., venne edificato un importante praetorium, sede amministrativa e giudiziaria distaccata del governatore della provincia sarda. Il sito rappresenta un unicum, anche perché si trova lungo un compendium itineris, ossia una scorciatoia. Tale strada venne creata in età severiana e collegava direttamente Forum Traiani (Fordongianus) a Karales (Cagliari). Questo si rese necessario perché, durante l'età severiana (fine II-primi III secolo d.C.), il centro di Forum Traiani crebbe di importanza dal punto di vista economico, strategico e urbanistico. Così la città venne collegata maggiormente all'asse viario centrale "a Turre Karalis". Esattamente all'innesto del compendium o nelle immediate vicinanze si costruì il praetorium di is Bangius con terme ed altri edifici di servizio. Breve storia degli scavi e degli studi Il sito di Is Bangius è noto sin dal 1746, quando venne menzionato per la prima volta nelle Carte del Regno di Sardegna, oggi conservate presso l'Archivio statale di Torino. Qui tra il Campo Sant'Anna e la chiesa di Santa Maria, si trova l'indicazione "Bagni antichi" da riferirsi alle terme di Is Bangius, appunto. Il contributo più rilevante alla conoscenza del sito fu l'articolo "Antichità di Muru de Bangius", pubblicato da Giovanni Spano nel 1863. Qui il canonico riportava la testimonianza degli scavi condotti da un certo Efisio Creggiu di Marrubiu, il quale riportò alla luce le terme riccamente decorate con mosaici policromi e frammenti di epigrafi. Nel
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Tuvixeddu è il nome dell'antica necropoli di età punica di Cagliari, la più grande del Mediterraneo e inserita all'interno di un importante parco urbano.
Tuvixeddu è il nome dell’antica necropoli di età punica di Cagliari, la più grande del Mediterraneo e inserita all’interno di un importante parco urbano.
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Siamo felici di invitarvi al primo "Sardinia Archeo Festival" che si terrà a Cagliari (Hostel Marina) da venerdì 19 a domenica 21 luglio 2019. Nato da un'idea dei nostri amici dell'Associazione Itzokor, organizzato in collaborazione con Radio Brada, il progetto è finanziato dalla Fondazione di Sardegna e punta a riflettere sul tema dell'archeologia come strumento per conoscere il passato ma soprattutto per indagare le dinamiche culturali, politiche e sociali del presente. Nasce dalla volontà di creare uno spazio fisico e mentale destinato al ragionamento, allo scambio e all’incontro intorno ai macrotemi dell’archeologia e del Mediterraneo: sarà un’occasione per cercare di capire come questa grande distesa d’acqua sia stata e sia tuttora teatro di tante vite in movimento e di tanti approdi. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Mare Calmo darà con piacere il suo contributo per divulgare l'evento. Siete tutti invitati a partecipare, o in alternativa a seguire in rete l'interessante programmazione: Venerdì 19 9:30 – 13:30 Proiezione del film Living amid the ruins, prodotto da The British Institute at Ankara per la regia di Işılay Gürsu Massimo Casagrande: Dal vincolo all’identità culturale. La percezione dei Beni Culturali nella cultura moderna Fabio Pinna: Percorsi partecipati di archeologia di comunità in Sardegna Polo Museale Coffee break Videomessaggio di Daniele Bonacossi: La distruzione della memoria nella piana di Ninive fra archeologia e geopolitica Antonio Corda: Ricerca e cooperazione nel settore dei beni culturali in Tunisia e nel Maghreb: le Università sarde e la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine 15:30 – 19:30 Proiezione del documentario Efisio Pischedda. Memorie di un antiquario
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Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Dai primi abitati al Giudicato di Cagliari Il capoluogo della Sardegna ha alle proprie spalle una lunga ed importante storia: interessata dagli insediamenti limitrofi fin dalla preistoria, dalle domus de janas di Monte Sant’Elia al promontorio noto come Sella del Diavolo, alle attestazioni di cultura Monte Claro. Storicamente Cagliari nasce per opera dei fenici con il nome di Krly, insediamento le cui prime attestazioni si trovavano nei pressi della laguna di Santa Gilla, e conosce un primo ed importante sviluppo in età punica. Proprio qui infatti viene costruita la più grande necropoli fenicio-punica del Mediterraneo: Tuvixeddu. Risalgono invece al periodo punico le prime tracce di fortificazioni nell’abitato di Castello. Passata sotto la dominazione romana, la città si arricchisce di ulteriori monumenti come la villa di Tigellio, la Grotta della vipera e l’Anfiteatro. Guadagna in seguito il titolo di municipio romano, probabilmente sotto Cesare, come ricompensa per l’appoggio ricevuto dalla città durante la guerra civile contro i pompeiani, ed i suoi cittadini rientrano così nella tribù Quirina; la loro presenza fu così estesa che persino nel bastione di Santa Caterina troviamo ancora tracce di epoca romana. Viene poi successivamente conquistata dai vandali nel 453 d.C. per poi passare sotto i bizantini nel 533 d.C. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Durante il loro regno si manifesta la minaccia degli arabi che assedieranno la prima volta l’isola all’inizio del VIII secolo e taglieranno progressivamente tutti i collegamenti con il cuore dell’impero Bizantino, ciò causerà uno spostamento del nucleo abitativo fino a Santa Igia (odierna Santa Gilla) ed una perdita progressiva
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La Basilica di Santa Giusta è uno degli edifici religiosi più caratteristici del periodo romanico in Sardegna. Dalla cima di una piccola altura, la basilica svetta imponente sul paesaggio urbano circostante, all'ingresso del Comune di Santa Giusta, vicino a Oristano. L'edificio si compone di un'ampia aula e di una cripta sottostante, che potremo visitare insieme domenica 14 maggio, in occasione dei festeggiamenti della Santa Patrona. La Basilica di Santa Giusta Fu costruita probabilmente nel XII secolo, sui resti di una precedente struttura nuragica visibile fino all'Ottocento. Venne realizzata in blocchi di arenaria di medie dimensioni provenienti dal Sinis, ma non mancano elementi di reimpiego. I più evidenti sono le colonne e i rispettivi capitelli che dividono l'aula in tre navate. Del progetto originario, realizzato con ogni probabilità da un architetto pisano, non facevano parte né le cappelle con la sacrestia né il campanile costruito nel 1908. L'interno è illuminato da finestre monofore, mentre all'esterno si osservano elementi verticali (lesene) sormontati da archetti. Sulla facciata, dove si apre una finestra trifora, vi sono due leoni, un maschio e una femmina, che tengono tra le zampe dei cervi. Infine, nella parte posteriore l'abside è divisa da semicolonne, sul modello della cattedrale di Santa Maria a Pisa. La cripta della Basilica di Santa Giusta Vi si accede da una porta collocata sul lato destro del presbiterio, sotto l'altare maggiore. Una volta scesi i pochi gradini si entra in una sala rettangolare, coperta con volte a crociera e sostenute da colonne. La cripta della Basilica di Santa Giusta è l'unica del periodo romanico in Sardegna ad essere interamente costruita in muratura. Vi sono attualmente custodite le reliquie delle sante Giusta, Giustina ed Enedina. Secondo la tradizione, le tre giovani, vergini e di nobile famiglia, erano originarie di Eaden (nome del centro di Santa Giusta in età romana). Si convertirono al Cristianesimo all'epoca dell'imperatore Adriano (II
La Basilica di Santa Giusta è uno degli edifici religiosi più caratteristici del periodo romanico in Sardegna. Dalla cima di una piccola altura, la basilica svetta imponente sul paesaggio urbano circostante, all’ingresso del Comune di Santa Giusta, vicino a Oristano. L’edificio si compone di un’ampia aula e di una cripta sottostante, che potremo visitare insieme domenica
La popolazione degli Shardana è stata una delle protagoniste della storia del Mediterraneo a partire dal XIV secolo a.C. Il metodo di ricerca utilizzato finora ha riguardato prevalentemente l’analisi dei testi e delle raffigurazioni, per poi cercare conferme con gli scavi. La letteratura scientifica in merito è abbondante e comprende 150 anni di studi delle fonti scritte e pittoriche, scavi e ricerche, ma restano ancora tanti gli interrogativi. Uno dei più importanti è certamente quello legato alla loro provenienza. Ma allora, è possibile affermare che gli Shardana erano originari della Sardegna? Per cercare di dare una risposta a questo quesito, martedì 21 marzo a Cagliari, si è tenuto un incontro organizzato dall’Associazione Culturale Itzokor dal titolo “Gli Shardana: dall’Egitto faraonico al Mediterraneo. Riflessioni e nuove prospettive d’indagine”. Durante il dibattito è stato presentato il Progetto Shardana, coordinato dal Prof. Giacomo Cavillier direttore della Missione Archeologica Italiana a Luxor, che si è concentrato sui nuovi approcci scientifici agli studi. L’evento è stato aperto dal Prof. Alfonso Stiglitz, co-direttore degli scavi di S’Urachi a San Vero Milis, con una panoramica sullo stato delle indagini sugli Shardana e le linee di ricerca attive. Ricostruiamo insieme le principali argomentazioni presentate dai due archeologi. Il Prof. Stiglitz ha presentato due linee di ricerca, una che ha dato esito negativo e una che è ancora in corso. La prima ha riguardato il sito fortificato di El-Ahwat (Israele) oggetto di diverse campagne di scavo condotte dallo studioso italiano Adam Zertal dell’Università di Haifa, con la partecipazione dell’Università di Cagliari e del Prof. Giovanni Ugas. L’architettura di questo sito è stata associata a quella di costruzioni tipiche del Mediterraneo occidentale, tra cui quelle nuragiche. L’ipotesi quindi è che si trattasse di un avamposto egiziano controllato dagli Shardana. Gli scavi però hanno mostrato la prevalenza di materiale cananeo (ossia
La popolazione degli Shardana è stata una delle protagoniste della storia del Mediterraneo a partire dal XIV secolo a.C. Il metodo di ricerca utilizzato finora ha riguardato prevalentemente l’analisi dei testi e delle raffigurazioni, per poi cercare conferme con gli scavi. La letteratura scientifica in merito è abbondante e comprende