Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Sapevate che cosa mangiavano e commerciavano i punici nel porto di Mistras? In questo quarto articolo della nostra serie dedicata al Sinis scopriremo curiosità, cibi ed economia dell’età punica (dal VI al II secolo a.C.). In maniera particolare, parleremo del sito di Mistras, il porto lagunare della città di Tharros, che ha restituito strutture murarie e soprattutto migliaia di materiali organici utili per comprendere e ricostruire l’economia del Sinis in età punica. Cenni e peculiarità del periodo punico nel Sinis Secondo i dati archeologici, durante l’età punica il Sinis era probabilmente costellato da piccoli insediamenti rurali, posti sotto il diretto controllo di Tharros, unico centro urbano della zona settentrionale del golfo di Oristano. La città, quindi, poteva contare su un vasto e ricco hinterland, caratterizzato da villaggi di piccole e medie dimensioni, collocati a breve distanza tra di loro e dislocati soprattutto nelle zone pianeggianti, ma anche nelle aree vicino alle lagune e tra l’altopiano di Su Pranu e la costa. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Le abitazioni oggi non sono più visibili, ma sulla base delle testimonianze raccolte sul terreno si è compreso che fossero molto semplici caratterizzate da uno zoccolo murario, con alzato in mattoni crudi ed un pavimento in battuto di terra. La costruzione di insediamenti rurali crebbe soprattutto tra il IV e il III secolo a.C., registrando spesso una continuità abitativa sia con le fasi precedenti che con quelle successive. Grazie alle intense e ripetute ricognizioni di superficie, gli studiosi hanno trovato una grandissima dispersione di materiale ceramico su tutto il territorio, datato tra il VI
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language. Sapevate che cosa mangiavano e commerciavano i punici nel porto di Mistras? In questo quarto articolo
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Lungo la costa sud occidentale della Sardegna si estende la piccola cittadina di Portoscuso, un tempo immersa tra i profumi della macchia mediterranea. In questo luogo speciale si respira ancora oggi un legame indissolubile con il mare, la pesca e le antiche tradizioni religiose. Le origini: la Tonnara di Su Pranu Tutto ebbe inizio nella seconda metà del XVI secolo. Il commerciante cagliaritano Pietro Porta, a seguito di un avvistamento di numerosi tonni rossi a largo di Capo Giordano, chiese un’autorizzazione al Viceré spagnolo per impiantare le prime strutture dedicate alla pesca del tonno. Così, sotto il regno di Filippo II (1556-1598) nacque il primo nucleo insediativo presso Su Pranu, il pianoro, attorno al quale nel corso dei secoli si è sviluppato l’attuale centro urbano. Potremo visitare questa suggestiva località di mare nel nostro speciale itinerario di mercoledì 14 agosto dal titolo "Visitare Portoscuso dall'antica Tonnara alla Torre spagnola". Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie La Tonnara di Su Pranu, situata tra le vie più antiche del centro, conserva la struttura originaria del Palazzotto, residenza estiva della famiglia proprietaria, caratterizzata da ampie arcate che si affacciano sul cortile centrale. Attorno si dispongono una serie di edifici, tra i quali la chiesa di Sant’Antonio da Padova, protettore dei tonnarotti. Alla pesca del tonno rosso, infatti, si legano antichi rituali religiosi: uno di questi prevedeva che, la sera prima di fare mattanza, i pescatori si raccogliessero in preghiera presso la cappella di Sant’Antonio, come a voler chiedere il favore divino affinché la pesca fosse abbondante. Per capire il profondo legame tra questo territorio e
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