Ieri notte ho fatto un sogno, e oggi lo voglio condividere con voi. La Torre di Mariano II, in Piazza Roma a Oristano, era aperta. Varcando la soglia della porticina in legno, sulla sinistra, immediatamente sotto l’arco a sesto acuto, si accedeva a una scalinata che portava ai piani superiori. Si veniva accolti da guide professioniste, e pagando un biglietto equo, si poteva visitare la torre e contribuire alla sua valorizzazione. Visitandola si poteva conoscere la sua architettura, attraverso pannelli e supporti multimediali, ed essere accompagnati da personale specializzato che trasmetteva conoscenza ma soprattutto passione per la storia di Oristano. Raggiungendo l’ultimo piano, era possibile godere di una vista stupenda, e giocare a riconoscere le architetture storiche che fanno capolino dall’alto dell’ampio panorama cittadino. Scendendo poi le scale, in direzione contraria verso l’uscita, si potevano osservare le ricostruzioni storiche delle mura e delle altre torri che in età giudicale circondavano l’abitato dell’antica Aristanis.
“Ah, quanti palazzi e case hai visto venire su e crollare intorno a te – pensavo osservando dal basso la vecchia campana – ma tu sei rimasta in piedi. E quanti viandanti e cittadini sono passati sotto la tua saracinesca, per partire o per arrivare. Eri una delle porte di una capitale dopo tutto, e non è poco!”
Poi all’improvviso, dall’ombra della torre di San Cristoforo, con battito d’ali di gabbiano seguivo il corso del fiume Tirso, verso la costa. Impossibile, in volo, non notare la Gran Torre e la sua ampia terrazza con il faro, al centro della borgata marina di Torregrande.
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Imponente e accogliente come un invito ad accomodarsi in posizione privilegiata per osservare il golfo di Oristano, e respirare aria di mare. Anche qui, la porta d’accesso sul retro sopra la scalinata, era aperta. Appena messo piede al suo interno, lo stupore. I tre metri di pietra e malta che compongono le mura, innalzate in età spagnola e rimaneggiate nel corso dei secoli, fornivano un enorme e piacevole riparo dalla calura estiva. La più grande torre costiera della Sardegna ospitava interessanti mostre, e mi accoglieva con il sorriso di ragazze e ragazzi che non vedevano l’ora di parlarmi di lei. Anche qui, un modesto contributo era doveroso lasciarlo, anche solo per permettere che una struttura così importante non venisse consumata dal degrado, ma potesse vivere e far vivere il territorio circostante. Qui tutto mi parlava di onde e salsedine, polvere da sparo e metallo, ma soprattutto sabbia che circondava la torre in antichità quando il cemento e l’asfalto non esistevano, e dal mare arrivavano non solo minacce e incursioni, ma ricchezze e scambi di ogni genere.
Al risveglio poi, dall’alto di queste torri, ho pensato di aver visto il futuro di Oristano. Un futuro che al momento non possiamo vedere realmente, ma solo immaginare. Un futuro di apertura e condivisione, di entusiasmo e cultura. Certo, era solo un sogno. Ma forse non era un sogno come tanti altri. Magari anche voi avrete sognato, o immaginato qualcosa di simile. E se non lo avete mai fatto, questa è un’occasione per farlo. Perché se sogniamo tutti insieme e diamo il nostro contributo, un futuro diverso si può realmente costruire. Ma se ognuno sogna i suoi sogni e non li condivide, allora il nostro patrimonio comune è destinato col tempo ad esaurirsi, e a scomparire. E con lui la nostra passione, e la nostra memoria.
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