Di età nuragica nell’oristanese non si sente parlare tutti i giorni. E il Comune di Oristano in Sardegna non è di certo noto per la sua storia nuragica. In effetti, rispetto ad altre aree dell’isola, sono pochi i siti di questo genere rimasti evidenti sul suo territorio. Tuttavia le testimonianze di un’intensa frequentazione umana durante l’età nuragica non mancano, e in alcuni casi sono tuttora oggetto di scavo e studio da parte degli archeologi. Se allarghiamo poi lo sguardo alla Provincia, dalle coste all’entroterra, lungo i corsi fluviali e nei pressi delle saline svettano nuraghi semplici e complessi, numerosi villaggi e alcune tombe, collettive e individuali. A questa particolare fase della nostra storia, datata a partire dal XVII secolo a.C. circa, dedicheremo un’intera giornata archeologica che si svolgerà tra Oristano e Villaurbana, domenica 17 dicembre.
La collocazione geografica
L’attuale provincia si estende per circa 3000 kmq e comprende 87 Comuni per un totale di circa 160.000 abitanti. Il suo territorio, oltre che esteso, è caratterizzato da un’alta varietà di risorse che hanno contribuito allo stanziamento di popolazioni fin dal Neolitico Medio (V millennio a.C.).
Focalizzando l’attenzione sul periodo nuragico, sono diversi i fattori geografici che si devono tener in considerazione per valutare la presenza delle diverse comunità e il controllo che operavano sul territorio.
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Molto elevata è la concentrazione di nuraghi monotorre e complessi, ma anche villaggi, nelle aree vicine alle zone umide. Le comunità attirate dalla pescosità delle acque, dalle risorse vegetali e dal sale, hanno modellato con la loro opera il panorama costiero oristanese. Qui la densità di costruzioni nuragiche, circa 0.77 nuraghi per kmq, è tale da interessare perfino l’isola di Mal di Ventre. Un altro fattore da tenere in conto è anche la posizione nel contesto del Mar Mediterraneo e la possibilità di approdi, che hanno favorito l’intensificazione di rapporti extrainsulari: contatti culturali, interscambi di saperi e tecnologie con l’area orientale e occidentale del bacino. Altre risorse idriche, fondamentali per la sussistenza dei centri abitati, sono i vari corsi d’acqua, tra cui il Tirso e il Temo. Il primo è il fiume più lungo della Sardegna e sfocia nel Golfo di Oristano, il secondo è invece attualmente l’unico navigabile di tutta l’isola e incontra il mare a Bosa.
Gli studi ci descrivono un’occupazione del territorio durante l’età nuragica davvero capillare, interessando le valli interne e le zone d’altura. Altopiani come “Su Pranu” nel Sinis sono costellati di torri, poste a diverse altezze, nei pressi di importanti risorse boschive e faunistiche.
Anche le risorse metallifere hanno giocato un ruolo importante nella scelta dell’insediamento, dal Montiferru particolarmente ricco di ferro, ad altri giacimenti di stagno, argento, rame, piombo e zinco.
Il panorama nuragico
Gli studi sull’occupazione nuragica nell’attuale provincia di Oristano continuano ancora oggi. Sono diversi i monumenti oggetto di scavi archeologici: dalla ben nota necropoli di Mont’e Prama (Cabras) al complesso di S’Urachi (San Vero Milis), dal nuraghe Nuracraba (Oristano) al Cobulas (Milis) per citare alcuni esempi. Altri li abbiamo visitati duranti i nostri itinerari, nei mesi scorsi: Pidighi (Solarussa), Nuraddeo (Suni), Murru Mannu (San Giovanni di Sinis, Cabras), S’Abba Druche (Bosa).
I nuraghi citati sono tutti del tipo complesso, ossia formato da più torri (eccetto Pidighi di tipi a tancato). Forniti di imponenti cinte murarie a loro volta turrite, S’Urachi e Nuracraba potevano competere per grandezza con il ben noto Su Nuraxi di Barumini, in Marmilla.
La tecnica di costruzione di questi monumenti è l’opera poligonale. Consiste nel sovrapporre pietre di dimensioni variabili, spesso a secco o con sottilissima malta, raccordati da zeppe di rincalzo. Spicca per perizia tecnica, il nuraghe Losa di Abbasanta.
I protonuraghi
Interessante è la presenza di protonuraghi o nuraghi arcaici. Nel territorio di Mogorella si conserva il Friarosu, un protonuraghe che non ha subito trasformazioni successive. Si caratterizza perché, contrariamente ai nuraghi veri e propri, è privo della tholos (o falsa cupola che si otteneva disponendo i conci concentricamente uno sull’altro). Diverso, invece, è il caso del Cuccurada di Mogoro, inizialmente concepito come un protonuraghe e poi ampliato e modificato in nuraghe.
Non mancano i monotorre e anche una categoria, definita per ultimo da Alessandro Usai, nuraghi incompiuti. Si tratta di edifici circolari di uno, due o tre filari di blocchi privi di accumuli di crollo.
Per quanto riguarda i villaggi, questi si trovano in prossimità dei nuraghi ma anche in aree distanti.
I siti funerari e le necropoli
Meno documentati sono i siti funerari, rappresentati in età nuragica dalle tombe collettive famose come Tombe dei Giganti. Ben note sono le sepolture di Iloi nel Comune di Sedilo, ma il dato forse più rilevante è la scarsezza di questi monumenti nel territorio oristanese. Si pensi che a fronte dei numerosissimi villaggi documentati nel Sinis (in cui la densità è di 0.6 per kmq), le tombe collettive ammontano a 3, di cui l’unica sopravvissuta è quella di Cuccuru Mannu di Riola Sardo.
Di contro, sono ben documentate le sepolture individuali che sembrano diffondersi in una fase avanzata dell’età nuragica, tra il IX e l’VIII a.C. Si tratta delle tombe a pozzetto del sito di Su Bardoni – Muras (o Is Arutas) e di Mont’e Prama, quest’ultima monumentalizzata con l’erezione di statue, modelli di nuraghe e betili.
I pozzi e le fonti nuragiche
Come già anticipato, di fondamentale importanza per la sopravvivenza dei centri abitati era, ed è tuttora, la vicinanza alle sorgenti d’acqua. Alcune di queste furono canalizzate e rese sacre tramite la costruzioni di templi a pozzo e di fonti. Nel territorio di Solarussa è stata documentata Mitza Pidighi, fonte relazionata al nuraghe Pidighi A. Sicuramente più noto è però il tempio a pozzo di Santa Cristina a Paulilatino. Costruito con conci squadrati di basalto, costituisce una delle aree sacre di età nuragica provviste di capanna delle riunioni e altri ambienti. A circa 200 metri di distanza sorgono un nuraghe e il villaggio annesso.
I siti nuragici nel Comune di Oristano
All’interno del Comune di Oristano si conoscono diversi nuraghi, purtroppo quasi tutti demoliti. Si tratta del Nuracc’e Figu e del Montigu Mannu, entrambi monotorre con tracce di un insediamento. Altri monotorre, tutti demoliti sono: il Nuraghe Santuccinu, Su de Busachi, Su de is Casus e Nuraghe su Sattu ‘e Serra. Di quest’ultimo si potevano osservare i blocchi in basalto fino agli anni ’80 del 1900. Di tipo indefinito sono il Pala Mestia, il Nuraghe Santa Petronilla e il Nuraghe Tiria. Invece, di tipo complesso è il Nuraghe Nuracraba, i cui resti sono stati messi in luce nei pressi della Basilica della Madonna del Rimedio. Le due pintadere in apertura di articolo, sono state rinvenute proprio in questo sito.
“In occasione dei lavori per la realizzazione degli svincoli che attualmente raccordano il nuovo ponte sul Tirso alla S.S. 292 e alla strada provinciale per Torre Grande…”
(Deriu-Sebis, 2011)
si svolsero gli scavi archeologici (1983-1984). Vennero individuate due torri e la cortina muraria di unione che facevano parte, probabilmente, di un grande muro di cinta del nuraghe e parte del successivo insediamento. Di recente, sono stati fatti degli ulteriori saggi i cui risultati preliminari saranno presentati nel Convegno del 17 dicembre a Oristano.
L’unico complesso nuragico ancora ben visibile nel Comune di Oristano, e al confine con il termine municipale di Villaurbana, è il Bau Mendula. Ma, vista la sua importanza, gli dedicheremo un articolo a parte.
Se volete conoscere le esperienze di scavo e alcune delle indagini condotte nel territorio della Provincia di Oristano, vi invitiamo all’evento del 17 dicembre! Tutti i dettagli qui:
Il nuragico nel territorio di Oristano e Provincia.
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