Alla periferia di Carbonia, nel territorio del Sulcis in Sardegna, sorge un colle dai fianchi scoscesi, isolato sulla pianura circostante. Una sorta di piccolo altopiano, o “giara”, affacciato sulla costa sud-occidentale e su alcune tra le più importanti vie di comunicazione dell’antichità. Parliamo di Monte Sirai, una fortezza naturale abitata sin dal neolitico, che ospita sulla sua sommità un raro caso di insediamento fenicio-punico completo e privo di sovrapposizioni di epoche successive.
La storia
Prima dei Fenici – Per le sue caratteristiche morfologiche e la sua posizione strategica, Monte Sirai è stato teatro di insediamenti umani sin dall’epoca neolitica. Lungo le pendici della collina sono state individuate almeno quattro domus de janas, due delle quali riutilizzate in età punica, mentre sul pianoro sono visibili le tracce di un abitato dell’eneolitico, riconducibile alla cultura di Monte Claro.
In età nuragica l’abitato si trasferisce a valle, attorno al polilobato Nuraghe Sirai. A tutela del villaggio, sui fianchi della collina, vengono erette svariate torri. Il pianoro è controllato da una torre più grande, con funzione non solo di avvistamento e segnalazione ma anche di culto.
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Monte Sirai fenicio-punica – Il centro fenicio nasce come abitato civile intorno al 725 a.C. ad opera, probabilmente, dei Fenici di Sulky (Sant’Antioco) o di Portoscuso. L’abitato si sviluppa intorno al preesistente nuraghe, che mantiene il suo ruolo di luogo sacro, e raggiunge un’ampiezza paragonabile a quella attuale ma con un impianto urbanistico differente.
Secondo alcune teorie, nel 520 a.C. circa, la città viene praticamente distrutta in seguito all’invasione cartaginese. I resti dell’abitato vengono ripopolati da pochi coloni di origine nord-africana che costruiscono un nuovo tempio, in corrispondenza del nuraghe raso al suolo, e ripristinano una parte degli edifici intorno ad esso. Tradizione vuole che le famiglie dei nuovi abitanti di Monte Sirai siano 13, corrispondenti alle 13 tombe monumentali rinvenute nella necropoli ipogeica di età punica. In realtà questa teoria è stata superata, soprattutto dopo il ritrovamento di altre tombe nella stessa area.
Attorno al 360 a.C., nel quadro di una generale politica espansionistica di Cartagine, numerosi centri, tra cui Monte Sirai, vengono ampliati e fortificati. La città viene dotata di cinta muraria, vengono costruite nuove abitazioni, la popolazione aumenta grazie all’introduzione di numerosi nuovi coloni e, in generale, il centro cresce in dimensioni e importanza. Il nuovo status di centro urbano maturo è certificato dall’impianto del santuario del Tofet, riservato ai centri di maggiore rilevanza.
Quando la Sardegna viene ceduta a Roma (238 a.C.), Monte Sirai rimane, dal punto di vista culturale, un centro punico. L’abitato subisce in questa fase l’ultima rivoluzione: le fortificazioni vengono abbattute, l’impianto urbanistico ridisegnato, sorge la cosiddetta Opera Avanzata, anche il Mastio viene ristrutturato. L’abitato assume i connotati che conosciamo oggi.
L’insediamento viene abbandonato in maniera improvvisa, intorno al 110 a.C., forse in seguito ad un intervento da parte di Roma volto alla repressione del brigantaggio.
L’insediamento fenicio-punico di Monte Sirai
Monte Sirai rappresenta un tassello fondamentale nello studio della civiltà fenicio-punica poiché l’insediamento, completo in tutte le sue parti essenziali, si presenta privo di sovrapposizioni di epoche successive. Esso è composto da tre settori:
- l’abitato, che occupa la zona meridionale;
- le necropoli, lungo la valle tra le due falde del pianoro;
- il tofet, sul costone nord-occidentale.
L’abitato – L’area dell’abitato è stata messa in luce in tutta la sua estensione ed è interamente visitabile. Vi si accede tramite la Porta Nord, un lungo corridoio aperto tra i resti delle fortificazioni dell’ultima fase punica e le prime case della città. Superata la soglia ci si affaccia sulla piazza principale, dominata dal Tempio di Astarte, l’unico edificio pubblico dell’abitato, che costituiva, probabilmente, anche il centro politico-amministrativo dell’insediamento. Dal tempio, tre strade principali confluiscono verso una piazzetta all’estremità meridionale, suddividendo l’abitato in quattro isolati di case a schiera. Le schiere più esterne, formate ciascuna da una sola fila di case, seguono l’andamento del costone roccioso mentre i due isolati centrali sono costituiti da due file di case, con il muro sul retro in comune. Tra le abitazioni più rilevanti ricordiamo la Casa Fantar, tra le poche ad avere una struttura a corte interna, e la Casa del lucernario di talco.
Le necropoli – Sono situate lungo la valletta tufacea che unisce le due faglie del pianoro. La necropoli fenicia è costituita da un’ampia area di fosse individuali a incinerazione e, in piccola parte, a inumazione. La necropoli punica si compone, invece, di 13 tombe collettive a inumazione, scavate nella roccia.
Tra le due aree principali si trova la necropoli degli infanti, con sepolture in anfora, impiegata in età punica, nella fase precedente all’installazione del tofet, per la deposizione dei bimbi morti prematuramente.
Un’ulteriore zona di sepoltura di età punica è stata individuata nell’area del posteggio. Le sepolture analizzate documentano l’esistenza, nel primo periodo punico, di un rito alternativo alla deposizione in tomba ipogea, a metà strada tra incinerazione e inumazione, chiamato semi-combustione. La coesistenza dei due riti sarebbe da ricondurre alla presenza nell’abitato di individui di etnia e/o cultura differente.
Il tofet – È un santuario cimiteriale, riservato ai bambini nati morti o morti in tenera età, prima del loro ingresso ufficiale nella comunità. I resti cremati dei piccoli defunti venivano conservati all’interno di urne e deposti nell’area sacra a cielo aperto. Nella stessa area, in particolari occasioni, venivano deposte delle stele con valore di ex voto. Il rito funebre doveva svolgersi all’interno del tempietto costruito sul costone roccioso alle spalle del campo d’urne.
Il Museo Archeologico Villa Sulcis
Ha sede nell’ex residenza del direttore della società mineraria, Villa Sulcis appunto, nel centro storico di Carbonia. Inaugurato nel 1988 e completamente rinnovato e ampliato nel 2008, ha mantenuto negli anni la doppia vocazione di museo del territorio e museo di ricerca legato all’area archeologica di Monte Sirai.
Il nuovo allestimento, più attento alla didattica e alla comprensione dei reperti e dei contesti, si articola in tre sale:
- la Sala del territorio, al piano terra, la quale ospita reperti provenienti dall’intera area sulcitana, riferiti ai periodi preistorico, protostorico, romano e tardoromano;
- la Sala del Sulcis fenicio, al primo piano, dove sono esposti materiali provenienti da Sulky e Bitia;
- la Sala di Monte Sirai, adiacente alla precedente, nella quale, accanto ai reperti provenienti dall’area archeologica, trovano posto interessanti ricostruzioni dei contesti abitativi e funebri.
Il percorso cronologico, scandito da nastri di diverso colore che identificano i diversi periodi, parte sul lato destro della Sala del territorio, con le diverse fasi preistoriche e protostoriche, prosegue al piano superiore attraverso le sale dedicate al periodo fenicio-punico e si conclude al piano terra con le ultime vetrine della Sala del territorio, relative ai periodi romano e tardoromano.
Se volete visitare Monte Sirai con noi, seguiteci per scoprire la prossima data del nostro speciale itinerario archeologico!
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