Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.All'ipogeo della Chiesa di San Salvatore di Sinis, nell'omonima borgata, si accede scendendo una stretta scalinata. Il santuario è noto in letteratura fin dal XVII secolo, quando fu citato come cappella o chiesa sotterranea nelle opere di due religiosi, padre Vidal e padre Aleu. Con la nostra visita guidata potremo esplorare il sito, ricostruendo la lunga frequentazione dell'ipogeo e il culto che vi venne praticato nel corso dei secoli. Il tutto testimoniato dai resti archeologici e le numerose immagini e iscrizioni ancora presenti sulle sue pareti. La struttura dell'ipogeo della chiesa di San Salvatore di Sinis Il santuario è considerato un tempio ipogeico pagano, la cui ultima fase è datata al IV secolo d.C. Fu realizzato attorno a un antico pozzo d'acqua, ritenuta salutifera fin dall'età nuragica. Nel XVII secolo, al di sopra dell'ipogeo, fu costruita l'attuale chiesa di San Salvatore. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie L'ingresso attuale del santuario risale infatti al 1600. In quell'occasione furono realizzati i primi 10 scalini che permettono tutt'oggi di scendere nell'ipogeo. L'edificio cultuale venne ottenuto scavando lo strato geologico, composto da arenaria. Ma la maggior parte delle pareti furono innalzate intorno al IV secolo d.C. con filari alternati di blocchetti di arenaria e mattoni, una tecnica che risale dunque alla fase tardo-romana del santuario. All'interno dell'ipogeo La corta discesa all'interno dell'ipogeo conduce all'antico corridoio con volta a botte, in cui si apriva un pozzetto d'areazione. Ai lati vi sono due ambienti rettangolari identici (I e V), ma in quello di sinistra (I) si trova un altare forse risalente al periodo cristiano di utilizzo dell'ipogeo.
Disculpa, pero esta entrada está disponible sólo en italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language. All’ipogeo della Chiesa di San Salvatore di Sinis, nell’omonima borgata, si accede scendendo una stretta scalinata. Il
Chissà come si presentava agli occhi dei primi studiosi l'area ai piedi della torre spagnola di San Giovanni quando, a partire dal 1800, cominciarono i primi scavi sistematici di Tharros. Dopo circa 2 secoli di lavori, il sito oggi appare composto da decine di strutture che potremo visitare insieme. Le indagini del XIX secolo Le prime indagini hanno visto la partecipazione di diverse figure: da scalpellini a medici, da prelati a ingegneri, passando per militari, avvocati e magistrati. Fin dal XIX secolo, i reperti provenienti dalle necropoli di Tharros sono stati contesi tra collezionisti e centri museali italiani ed europei. Gli scavi delle tombe puniche e romane (1838 e 1842) realizzate dal Re Carlo Alberto, per esempio, hanno portato alla luce reperti attualmente conservati a Torino. Invece le indagini fatte da Lord Vernon su una ventina di ipogei punici (tombe scavate nel sottosuolo), andarono ad arricchire di manufatti soprattutto il British Museum di Londra. Pochi anni dopo furono intrapresi i primi scavi sistematici di Tharros, ad opera dei funzionari del Museo di Cagliari (1844) e del canonico Spano (1850). Questo non impedì ad alcune persone del luogo di operare un grande saccheggio, datato al 1852, che portò alla dispersione del materiale ritrovato in collezioni pubbliche e private. I reperti raggiunsero così il Louvre di Parigi, il British Museum, Berlino e Copenaghen. Gli scavi archeologici nell'abitato Negli anni tra la fine della prima guerra mondiale e la seconda (1926-1932), furono condotte delle ricerche da parte dell'ingegnere Edoardo Busachi sul rifornimento idrico di Tharros nel periodo romano. Ma fu con Gennaro Pesce, allora Soprintendente alle Antichità di Cagliari, che furono avviati gli scavi che riportarono alla luce gran parte dell'area di Tharros oggi accessibile al pubblico. Dal 1956 al 1963 fu scavata la parte dell’abitato che si pone a destra della torre di San Giovanni e la zona del tofet nell'area di Murru
Chissà come si presentava agli occhi dei primi studiosi l’area ai piedi della torre spagnola di San Giovanni quando, a partire dal 1800, cominciarono i primi scavi sistematici di Tharros. Dopo circa 2 secoli di lavori, il sito oggi appare composto da decine di strutture che potremo visitare insieme. Le indagini del