Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Le marinerie puniche e romane Abbiamo deciso di occuparci dello scontro e l’incontro tra la marineria punica e quella romana, perché si tratta di eventi che hanno fortemente influenzato la storia nel Mar Mediterraneo. Quello punico e il romano sono due mondi marinareschi che, seppur originariamente rivali, sono intimamente legati tra di loro, tanto che possiamo considerare l’uno erede dell’altro. Tuttavia, bisogna ammettere l’esistenza di un grande divario nella qualità e quantità della documentazione storica ed archeologica fra questi due mondi. Ciò ha reso la marineria punica quasi del tutto sconosciuta rispetto a quella romana, nonostante il suo ruolo fondamentale nella tradizione marinaresca mediterranea e la sua eccellenza riconosciuta da tutti gli storici del mondo antico. Infatti, dal momento che non si dispone di fonti puniche scritte, da cui trarre preziose informazioni per la ricostruzione della marineria, è necessario rifarsi a fonti storiche di origine greca e latina, o a quelle iconografiche, spesso di difficile lettura e comprensione. Per semplificare, è possibile dividere le tipologie di navi puniche e romane in due macrogruppi: le “navi tonde” e le “navi lunghe”. Le “navi tonde” Le “navi tonde” sono le navi da carico, utilizzate per il trasporto delle merci. Si tratta di grandi imbarcazioni caratterizzate da scafi capienti, rotondi e dalla esclusiva propulsione velica. In questa categoria, rientrano, ad esempio, le gaulos della marineria fenicio-punica, ma anche le grandi navi onerarie romane. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Un esempio di nave oneraria può essere il relitto di Mal di Ventre. Questa, naufragata al largo della costa sud-est della piccola isola di Malu
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.In località Columbaris, nel territorio comunale di Cuglieri, si trovano i resti paleocristiani dell'antica città di Cornus. Si tratta di una delle più importanti testimonianze di archeologia cristiana in Sardegna. Un complesso monumentale che sorprende il visitatore fin da subito, per lo straordinario contesto paesaggistico nel quale è inserito. L'area, infatti, è situata a poca distanza dalle pittoresche scogliere calcaree di Santa Caterina di Pittinuri, proprio ai piedi delle boscose falde occidentali del massiccio del Montiferru. Qui, tra i lecci e la fitta macchia mediterranea, risuona ancora l'eco di leggende ancestrali e di epiche battaglie, come quelle combattute dal condottiero Ampsicora contro i romani. Visitare Columbaris significa intraprendere un emozionante viaggio nel tempo, in un'epoca che vide il progressivo affermarsi della religione cristiana nell'isola fino a saldarsi pienamente con il potere imperiale. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Le premesse storiche e religiose Sappiamo che Cornus venne fondata dai Punici alla fine del VI secolo a.C. sulla collina di Corchinas, tra le attuali borgate marine di Torre del Pozzo e S'Archittu. È in epoca romana, tuttavia, che l'urbanizzazione raggiunse il suo massimo sviluppo, con l'edificazione del complesso forense e delle aree abitative e artigianali sull'adiacente altopiano di Campu 'e Corra. A circa un chilometro in linea d'aria dal cuore della città romana sorgeva una villa suburbana, dotata anche di strutture termali. Qui, nella zona nota non a caso come Columbaris, agli inizi del IV secolo d.C. venne impiantata un'area cimiteriale dalla comunità cristiana locale. È bene precisare, infatti, che con il termine columbarium si indicava un tipo di costruzione funeraria molto diffuso in epoca romana
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Oristano e il suo territorio vantano un'antichissima tradizione nella lavorazione della ceramica. Questo è ampiamente testimoniato dalla collezione conservata presso il Museo Archeologico e Storico Artistico "Antiquarium Arborense", dove troviamo esposti reperti locali che coprono un vasto arco cronologico, dal Neolitico al Medioevo. Le prime attestazioni di produzione di vasellame ceramico risalgono fino al Neolitico Antico. Appartengono infatti a questo periodo le ceramiche dette "cardiali", rinvenute anche nel territorio terralbese, riconoscibili perché decorate con l'impressione del margine ondulato della conchiglia "Cardium edule". Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Sappiamo che durante il periodo neolitico, ma anche in età nuragica, la ceramica veniva prodotta e modellata a mano. Tipici esempi di quest'ultimo periodo sono le così dette brocche askoidi, rinvenute anche nel Sinis e datate alla prima età del ferro. Fu solo con l'arrivo dei Fenici che in Sardegna si introdusse l'uso del tornio, sia in insediamenti urbani che rurali, e si iniziarono a produrre nell'isola i primi vasi torniti. Il centro urbano più fiorente nel territorio fu probabilmente Tharros, dove l'artigianato ceramico poté facilmente svilupparsi, insieme al commercio. È dall'antica città che provengono i nomi dei primi ceramisti "ante litteram". Grazie ai bolli documentati su diverse lucerne, sappiamo infatti che in età romana due fratelli Quinto Memmio Karo e Quinto Memmio Pudente producevano nella loro bottega splendidi manufatti, e li commerciavano in tutta l'isola. Dalla città tharrense l'arte della lavorazione della ceramica al tornio si diffuse nei secoli successivi verso l'interno, fino a Oristano. Nel prossimo articolo (Storia dei figoli di Oristano: l’arte della lavorazione della ceramica dal XV secolo a
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.È arrivato finalmente quel periodo dell'anno nel quale si tirano le somme sulle cose fatte, e si guarda al futuro con particolare speranza e positività! Quei giorni in cui dovremmo fermarci un attimo a riflettere su ciò che conta davvero, e condividerlo con le persone care. È stato senza dubbio un anno di cambiamenti per tutti noi. Ma siamo stati in grado di affrontarli e superarli al meglio, grazie al nostro senso di comunità. E adesso, dopo tanta strada percorsa, siamo ancora insieme. Insieme abbiamo letto, e ci siamo documentati sulle diverse culture ed epoche storiche che hanno interessato la Sardegna. Insieme abbiamo parlato e camminato dai mari alle montagne della nostra isola, alla ricerca di testimonianze del passato. Insieme abbiamo scoperto dentro di noi la felicità di condividere con altri queste esperienze. È grazie a quello che abbiamo costruito e realizzato insieme, se adesso possiamo dire di conoscere qualcosa in più rispetto allo scorso anno. E tutto ciò, se ci riflettete, ha un valore immenso. È così che vogliamo farvi i nostri più sinceri auguri di buone feste, invitandovi a non dare niente per scontato. Se Mare Calmo esiste ed esisterà in futuro, è grazie al prezioso contributo di ognuno di noi. Buone Feste!
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.La Gran Torre di Oristano è il monumento simbolo della borgata marina di Torregrande, dal quale prende il nome. È chiamata grande perché è la torre costiera più imponente dell’isola. Venne edificata durante la dominazione spagnola della Sardegna, probabilmente a partire dal 1542. La sua posizione è strategica poiché si localizza quasi al centro del golfo di Oristano, a due km più a nord rispetto alla foce del fiume Tirso. La Gran Torre comunicava direttamente con le altre torri costiere del golfo: la torre di San Giovanni che domina il Capo San Marco; la torre vecchia di Marceddì; la torre di Capo Frasca. Dalla reconquista spagnola alla costruzione delle torri costiere in Sardegna Ma cosa spinse la Corona di Spagna a costruire le torri costiere in Sardegna? Facciamo un piccolo passo indietro. Nel XV secolo una serie di avvenimenti cambiarono il quadro generale dei rapporti politici, economici e culturali tra Occidente ed Oriente, tra Cristianesimo ed Islam. Il 1453 è la data che segnò la caduta dell’Impero romano d’Oriente con la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Nel 1492 los reyes catolicos Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia conquistarono Granada, ponendo fine all’ultimo baluardo musulmano in Spagna e completando il lungo processo di reconquista cristiana della penisola Iberica. In seguito a questo avvenimento storico gli islamici che ancora vivevano in Spagna si trovarono davanti ad un bivio: abbracciare la fede cattolica dei vincitori o mantenere il proprio credo. Coloro che optarono per la seconda via furono però costretti ad abbandonare la patria iberica
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Dai primi abitati al Giudicato di Cagliari Il capoluogo della Sardegna ha alle proprie spalle una lunga ed importante storia: interessata dagli insediamenti limitrofi fin dalla preistoria, dalle domus de janas di Monte Sant’Elia al promontorio noto come Sella del Diavolo, alle attestazioni di cultura Monte Claro. Storicamente Cagliari nasce per opera dei fenici con il nome di Krly, insediamento le cui prime attestazioni si trovavano nei pressi della laguna di Santa Gilla, e conosce un primo ed importante sviluppo in età punica. Proprio qui infatti viene costruita la più grande necropoli fenicio-punica del Mediterraneo: Tuvixeddu. Risalgono invece al periodo punico le prime tracce di fortificazioni nell’abitato di Castello. Passata sotto la dominazione romana, la città si arricchisce di ulteriori monumenti come la villa di Tigellio, la Grotta della vipera e l’Anfiteatro. Guadagna in seguito il titolo di municipio romano, probabilmente sotto Cesare, come ricompensa per l’appoggio ricevuto dalla città durante la guerra civile contro i pompeiani, ed i suoi cittadini rientrano così nella tribù Quirina; la loro presenza fu così estesa che persino nel bastione di Santa Caterina troviamo ancora tracce di epoca romana. Viene poi successivamente conquistata dai vandali nel 453 d.C. per poi passare sotto i bizantini nel 533 d.C. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Durante il loro regno si manifesta la minaccia degli arabi che assedieranno la prima volta l’isola all’inizio del VIII secolo e taglieranno progressivamente tutti i collegamenti con il cuore dell’impero Bizantino, ciò causerà uno spostamento del nucleo abitativo fino a Santa Igia (odierna Santa Gilla) ed una perdita progressiva dei
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Nel sud Sardegna, lungo la costa occidentale, si estende sul mare l’isola di Sant’Antioco, che ospita da millenni una frequentazione antropica risalente già al periodo preistorico. La posizione geografica favorevole e la presenza di un territorio ricco di risorse marine e lacustri furono fattori che contribuirono all’insediamento dei Fenici in questa zona. La scoperta dell’antica Sulky Nel 1983 vennero portati alla luce i resti di un abitato di età romana, che a sua volta sovrastava delle abitazioni di età fenicia, tra le più antiche in Sardegna. Nell'area denominata “Cronicario”, gli scavi si susseguirono per anni, confermando l'importanza e l’antichità delle abitazioni soprattutto grazie al ritrovamento di ceramiche di importazione datate all’inizio dell’VIII secolo a.C. Questo e molto altro lo potremo osservare nel nostro speciale itinerario di domenica 26 agosto. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Come accennato, l'abitato moderno della città di Sant’Antioco si sovrappone all’antico insediamento di età fenicio punica, pertanto ancora oggi manca una visione d’insieme di come doveva svilupparsi l’intero abitato, e poco sappiamo della necropoli di età fenicia. I pochi materiali pervenuti da recuperi fortuiti e poi confluiti in collezioni private, ci fanno ipotizzare la presenza di una necropoli di fase arcaica in una zona sabbiosa, in corrispondenza del Lungomare. Le poche tracce di bruciato e il ritrovamento di brocche datate tra il VII e il VI secolo a.C. fanno pensare alla pratica dell’incinerazione. Molto di più sappiamo sulla necropoli punica che, pur non essendo stata scavata nella sua totalità, si immagina raggiungesse un’estensione complessiva attorno ai 10 ettari, occupando il colle Is Pirixeddus e arrivando
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.Alla periferia di Carbonia, nel territorio del Sulcis in Sardegna, sorge un colle dai fianchi scoscesi, isolato sulla pianura circostante. Una sorta di piccolo altopiano, o “giara”, affacciato sulla costa sud-occidentale e su alcune tra le più importanti vie di comunicazione dell’antichità. Parliamo di Monte Sirai, una fortezza naturale abitata sin dal neolitico, che ospita sulla sua sommità un raro caso di insediamento fenicio-punico completo e privo di sovrapposizioni di epoche successive. La storia Prima dei Fenici - Per le sue caratteristiche morfologiche e la sua posizione strategica, Monte Sirai è stato teatro di insediamenti umani sin dall’epoca neolitica. Lungo le pendici della collina sono state individuate almeno quattro domus de janas, due delle quali riutilizzate in età punica, mentre sul pianoro sono visibili le tracce di un abitato dell’eneolitico, riconducibile alla cultura di Monte Claro. In età nuragica l’abitato si trasferisce a valle, attorno al polilobato Nuraghe Sirai. A tutela del villaggio, sui fianchi della collina, vengono erette svariate torri. Il pianoro è controllato da una torre più grande, con funzione non solo di avvistamento e segnalazione ma anche di culto. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Monte Sirai fenicio-punica - Il centro fenicio nasce come abitato civile intorno al 725 a.C. ad opera, probabilmente, dei Fenici di Sulky (Sant’Antioco) o di Portoscuso. L’abitato si sviluppa intorno al preesistente nuraghe, che mantiene il suo ruolo di luogo sacro, e raggiunge un’ampiezza paragonabile a quella attuale ma con un impianto urbanistico differente. Secondo alcune teorie, nel 520 a.C. circa, la città viene praticamente distrutta in seguito all’invasione cartaginese. I
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.C'è una piccola valle in Sardegna che ancora oggi ci parla di una civiltà ancora più remota di quella nuragica, e caratterizzata dal fenomeno del megalitismo. È la valle dei Menhir, nel territorio di Laconi, un luogo da esplorare per conoscere le opere dei nostri antichi antenati vissuti fino a più di 5000 anni fa. I menhir di Laconi Il paese di Laconi, nel centro della Sardegna, si trova nella subregione del Sarcidano, caratterizzata da altipiani compresi tra i 400 e i 500 metri d'altezza. Il territorio comunale, posto al confine tra il Sud Sardegna e le Barbagie da cui li separa il fiume Flumendosa, ha restituito un numero considerevole di menhir. Alcuni di questi li potremo ammirare insieme durante il nostro itinerario di domenica 29 aprile. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie Laconi è uno dei comuni della Sardegna ad aver restituito il maggior numero di menhir. Dal primo ritrovamento risalente al 1969, le scoperte di queste sculture in pietra si sono moltiplicate interessando diverse località. Da Genna Arrele a Perda Iddocca, da Masone 'e Perdu, a Piscina 'e Sali; ancora Bau Carradore, Nuraxi Arrubiu e Is Cirquittus. Inoltre Laconi e il Sarcidano rappresentano una delle rare aree in Sardegna in cui si rinviene un tipo di sculture molto particolare, conosciute come statue-menhir o statue-stele. Le altre provengono dal Marghine, dal Barigadu, dalla Barbagia di Belvì e del Mandrolisai. Nel territorio laconese si contano ormai un centinaio di menhir, parola bretone che significa "pietra lunga", e che in Sardegna sono noti come perdas fittas o perdas ficchidas (letteramente "pietre
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Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language."Sa Battalla" di Sanluri è uno di quegli episodi simbolici della storia sarda, che a distanza di secoli ha trovato una dimensione rievocativa molto interessante, che ci permette di riflettere sul modo di raccontare il medioevo in maniera coinvolgente e diretta. Come abbiamo già avuto modo di scrivere ampiamente su questo blog, il medioevo in Sardegna fu un periodo caratterizzato da eventi e dinamiche particolari riconducibili alla così detta "età giudicale". Un'epoca segnata da un susseguirsi di conflitti, periodi di pace, alleanze e battaglie per la conquista e la spartizione di territori strategici, i giudicati appunto. Fra le più simboliche e importanti, troviamo dunque la battaglia di Sanluri. Questo articolo esiste grazie al tuo contributo! Se lo apprezzi ti invitiamo a sostenerci. Grazie "Sa Battalla" di Sanluri come episodio storico Il 30 giugno del 1409, le fertili campagne di Sanluri furono il teatro di un importante battaglia campale. Da una parte le truppe del Regno di Arborea e dall'altra quelle catalano-aragonesi, si contrapposero per il controllo dell'intera isola di Sardegna. Lo stesso borgo e il castello di Sanluri furono messi a ferro e fuoco dai soldati del principe Martino il Giovane. Ma l'esito de "Sa Battalla" avrebbe avuto ripercussioni pesanti e definitive su tutto il Regno d'Arborea compreso il vicino maniero e villaggio di Las Plassas, nella sub-regione della Marmilla. Potremo esplorare e approfondire questa parte della storia giudicale della Sardegna durante la nostra prossima visita "Da Sanluri a Las Plassas: i castelli di Sardegna tra storia giudicale e innovazione". L'inizio della guerra Il conflitto tra il Regno d'Arborea e quello catalano-aragonese affonda le sue radici alla fine del 1200. Esattamente
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