Storia dei figoli di Oristano: l’arte della lavorazione della ceramica dal XV secolo a oggi
Particolare del carico, laboratorio di Carmine Incani, anno 1978 (fonte: Oristano, la storia e le immagini)

I figoli di Oristano, termine con cui si intendono i così detti “figuli” o vasai, ma anche più in generale gli artigiani della ceramica, si ritrovano attestati per la prima volta in città all’interno del Condaghe delle monache clarisse, documento risalente alla fine del XV secolo. In due carte del libro dei conti delle monache si menziona “su burgu de is congiolargios”, ossia il sobborgo dei figoli, localizzato a nord-est rispetto alla cinta muraria, dietro l’attuale chiesa di San Sebastiano e corrispondente all’odierna via Figoli. Si tratta dell’unico “sobborgo produttivo” in Sardegna che prende il nome dai ceramisti, a testimonianza dell’importanza a Oristano della lavorazione della ceramica. Questi documenti, inoltre, menzionano anche il primo figolo storicamente noto, tale Antiogo Siddi.

Il monastero e la chiesa intitolati a Santa Chiara sono dei monumenti simbolo della storia di Oristano. Infatti, le clarisse erano politicamente legate alla famiglia giudicale dei Bas Serra, tanto che il giudice di Arborea Pietro III rifondò il monastero nel 1343. La moglie Costanza di Saluzzo, divenuta vedova, decise di trascorrere gli ultimi giorni della sua vita nel monastero. Qui morì nel 1348, come ricorda la sua epigrafe funeraria oggi conservata dentro la chiesa di Santa Chiara.

Lapide con la data di fondazione del Monastero delle Clarisse a Oristano, anno 1343 (fonte: https://www.monasterosantachiaraoristano.it)
Epigrafe funeraria di Costanza di Saluzzo, anno 1348  (fonte: MonasteroSantaChiaraOristano.it)

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È probabile che questa attività fosse diffusa anche nei secoli precedenti. Anche se  la Carta de Logu non sembra farne menzione, il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (XII-XIII secolo) allude a “su stregiu”, termine che indica le stoviglie, e a “terrale de fictu”, ossia il mattonaio-vasaio di età medievale.

In una descrizione della città risalente al 1580, Giovanni Francesco Fara nomina il “suburbiulum figulorum” collocato sempre nella zona dell’attuale via Figoli, nota anche come “s’arruga ‘e is congiolargios” ovvero la via dei ceramisti.

Statuto dei figoli ("alfareros") di Oristano, anno 1692 (fonte: Il MuseoOristano.it)
Statuto dei figoli (“alfareros”) di Oristano, anno 1692 (fonte: MuseoOristano.it)

Alla fine del XVII secolo, esattamente al 1692, risale invece il primo Statuto del gremio dei figoli di Oristano a noi noto. Lo Statuto, redatto in castigliano e intitolato “Libro de los Capitulos que ha de observar la Maestrança de los Alfareros de este Ciudad de Oristan. Hecho el año 1692.”, recava sulla copertina la Vergine della Misericordia che con il suo mantello celeste proteggeva appunto “los Alfareros” ossia i figoli. Le sue norme, approvate dalle Autorità della città e da quelle del Regno di Sardegna, regolavano non solo l’organizzaione del gremio, ma anche l’amministrazione, le attività professionali e i doveri religiosi dei suoi componenti. I figoli si mettevano sotto la protezione non solo della Madonna della Misericordia, ma anche alla SS. Trinità. Alla Vergine era intitolata una cappella, nota all’epoca come chiesa della Misericordia, ubicata davanti alla cattedrale. Oggi l’edificio di culto, sede dell’antico gremio dei figoli, è noto con il nome di chiesa della SS. Trinità, oramai sconsacrata.

Foto di via Figoli a Oristano, agli inizi del 1900
Foto di via Figoli a Oristano, agli inizi del 1900

Sappiamo poi che nel 1864 un decreto del Regno d’Italia abolì i gremi sardi. I figoli, quindi, fondarono la Società della SS. Trinità, che come il gremio aveva il preciso compito di tutelare l’arte figulina. Successivamente, nel 1953 la Società fu sciolta e fu sostituita dalla Cooperativa della SS. Trinità che conobbe solo dieci anni di vita. L’ultimo presidente noto della Cooperativa fu il figolo Giovanni Sanna.

Artigiani della creta, Fiorenzo Serra, anno 1954 (fonte: Sardegnadigitallibrary.it)

Fino agli anni sessanta del XX secolo, quando ancora erano in attività le botteghe di via Figoli, i ceramisti di Oristano esportavano i propri prodotti in terracotta in tutta la Sardegna, in Italia e talvolta all’estero. La diffusione capillare delle reti idriche, e soprattutto la plastica, hanno poi negli anni quasi del tutto soppiantato l’utilizzo dei contenitori in ceramica nella vita di tutti i giorni. È così che in città moltissime botteghe hanno chiuso, e gli ultimi testimoni diretti di questa tradizione hanno modificato le loro produzioni, prediligendo forme più artistiche.

Carmine Incani al tornio nel suo laboratorio, anno 1980 (fonte: La Ceramica Racconta la Storia)