La Civiltà Nuragica è oggetto di studi e analisi da diversi secoli, potendo far risalire all’Ottocento con le attività del generale Alberto La Marmora e del canonico Giovanni Spano tra gli altri, le prime indagini sui numerosi resti archeologici sparsi in tutta l’isola.
Solo recentemente però, le ricerche si sono concentrate su un aspetto molto importante: l’alimentazione. Le nuove scoperte effettuate in diversi siti della Sardegna (Sa Osa, Nuraghe Arrubiu, Genna Maria, ecc.) hanno rivolto l’attenzione sulle abitudini alimentari dei nuragici e, in particolare, sui metodi di produzione del pane e del vino.
Il paese di Orroli, situato nella regione meridionale del Sarcidano, il 25 e 26 marzo ha ospitato il primo Festival della Civiltà Nuragica dal titolo “Il pane, il vino e gli altri cibi al tempo dei nuraghi”. Il Convegno ha visto la partecipazione di archeologi italiani e francesi che hanno presentato gli ultimi dati analitici riguardanti gli studi fatti al Nuraghe Arrubiu di Orroli, ma anche le nuove analisi che hanno interessato Sa Osa e Mont’e Prama di Cabras, Genna Maria di Villanovaforru e due siti della Gallura, Lu Brandali e La Prisgiona.
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Il Dott. Mauro Perra in particolare ha sottolineato come l’alimentazione sia un fatto culturale, che segue delle regole dettate dalla società in cui si vive, e si che si modifica nel corso del tempo. L’aver ritrovato in un contenitore i resti di pasto relazionabili al consumo di insetti (scarafaggi) dunque non deve sorprenderci. L’entomofagia infatti è ben attestata in diverse popolazioni del passato (per esempio i greci e i romani) con fonti che vanno da Aristotele a Plinio il Vecchio. Nel caso di Nuraghe Arrubiu, pare che questa pietanza fosse importata abitualmente all’interno di un particolare scodellone in cui si consumava, da una zona distante circa 22 km.
In generale però l’apporto di proteine era garantito dai principali animali domestici tra cui: i suini (uccisi nei primi 6 mesi di vita), i bovini (consumati in età adulta, dopo un intenso sfruttamento per le attività agricole) e gli ovicaprini (pecore e capre uccise quando avevano pochi anni di vita). Non mancavano le specie selvatiche tra cui i cervi, i cinghiali, i mufloni, le martore, i ricci, il prolagus sardus, i tordi, i colombacci, i gheppi, le aquile di mare e le gru. La percentuale e il tipo di selvaggina variò nel corso dei secoli, in relazione all’ambiente circostante. Nelle prime fasi di occupazione del nuraghe (datate al XIV secolo a.C. grazie al ritrovamento di un vaso miceneo al di sotto del piano di calpestio) gli studi dei pollini hanno individuato la presenza di un bosco formato da querce (roverella, sughera, leccio). Dopo circa 100 anni, l’uomo probabilmente incendiò l’area per far posto alle radure per la coltivazione di cereali e legumi, e per creare pascoli per gli animali. L’analisi dei semi ritrovati ha portato all’identificazione di legumi coltivati (favino, lenticchia, cicerchia, pisello), un’ampia varietà di frutti spontanei (centinaia di ghiande, fichi, fragole, more, prugnolo, corbezzolo), ma anche noccioli di olivo e/o oleastro (rispettivamente la specie coltivata e selvatica).
Dati interessanti riguardo l’alimentazione provengono direttamente da due torri del bastione pentalobato (a cinque lobi, ossia torri) del nuraghe. La torre D, interpretata come la cucina, in cui è stato ritrovato il focolare e un fornetto coperto da una cupola, e la torre C completamente dedicata al processo di panificazione. Nelle sue vicinanze, all’interno del silos n. 1, sono stati ritrovati resti carbonizzati di pane non lievitato, di cui non è stato possibile capire il tipo di cereale utilizzato.
Per quanto riguarda la vite, un vinacciolo probabilmente della sottospecie selvatica proviene dalla vicina tomba dei giganti della Spada (XIV-XIII secolo a.C.), e numerosi semi (selvatici e domestici) dalla torre D del Nuraghe Arrubiu. Mentre, l’analisi del contenuto di alcuni vasi ceramici ha portato all’identificazione di una possibile “ricetta” nuragica: sa petza imbinada (carne di maiale o cinghiale brasato con il vino).
Ma quali erano i luoghi del banchetto? Nel Nuraghe Arrubiu il ritrovamento di una discreta quantità di ossa di animali nel cortile interno del bastione ha permesso di ipotizzare che fosse quello il luogo dove i nuragici svolgessero i banchetti, seduti lungo il bancone di pietra che percorre il perimetro del cortile. In altri nuraghe, come in quello di Palmavera (Alghero), nella stessa capanna delle riunioni.
Altre importanti informazioni sull’alimentazione in epoca nuragica si erano già ottenuti dagli scavi condotti a Sa Osa (Cabras). Dal pozzetto N provengono i semi di diverse specie vegetali (cereali carbonizzati, vite coltivata, prugnolo, fico, lino, melone, ecc.). Il ritrovamento di semi di melone richiama la pratica dell’orticoltura, quindi dell’irrigazione, sistemi produttivi di una certa complessità. Per quanto riguarda la fauna, si sottolinea il ritrovamento nel pozzo K dello scheletro intero di un cervo maschio, scuoiato ma non macellato. Oltre ai caratteristici animali addomesticati (bovini, suini e ovicaprini) e selvatici (cinghiale), sono numerosi i resti ittici ritrovati sempre nel pozzetto N e che appartengono a muggini, orate e spigole. Soprattutto dalla fine dell’Età del Bronzo o dagli inizi dell’Età del Ferro, sono numerosi i resti di molluschi bivalvi.
Nelle vicinanze di questo insediamento di difficile interpretazione, sorge l’importante necropoli di Mont’e Prama. Com’è noto, all’interno delle tombe, il corredo funerario è assente o quasi, e non si ritrovano resti di pasto. Sono in corso le analisi gascromatografiche (studio sui resti di cibo) del Dott. Nicolas Garnier riguardanti i vasi ritrovati e le possibili tracce di cibo contenute al loro interno. Nell’attesa, gli unici dati di cui si dispone sono i frammenti ossei appartenenti ad animali apparsi nei due ambienti: edificio A e vano B. Da questi provengono poche ossa, tra le quali prevale nettamente la pinna nobilis, nota comunemente come nacchera, per la quale si ipotizza un valore simbolico e forse un privilegio alimentare di un gruppo di persone.
Riassumendo, l’analisi dei dati di scavo, ottenuti grazie all’utilizzo di nuove tecniche analitiche, stanno permettendo di chiarire meglio la vita quotidiana della Civiltà Nuragica, determinando cosa mangiavano e come lo preparavano. Si auspica lo sviluppo di questa linea di indagine per fare luce su diversi aspetti correlati al consumo di cibo e all’accesso alle risorse per diversità di genere, età e rango sociale.
A margine dell’evento è stato possibile degustare l’archeobirra dell’Associazione Nur.
L’albergo diffuso Omu Axiu ha cucinato un particolare “Menu Nuragico” per i suoi ospiti, che hanno potuto degustare piatti ispirati alle nuove scoperte archeologiche.
Di seguito la nostra playlist Youtube con le dirette trasmesse durante il Festival:
Continueremo a documentarci su questo particolare aspetto dell’archeologia nuragica, e naturalmente vi terremo informati.
Per approfondire:
DEPALMAS, A., MELIS, R.T., VIDILI, S., UCCHESU, M. e ZEDDA, M. (2015): “Attività economiche e sfruttamento delle risorse nell’insediamento nuragico di Sa Osa (Cabras)”, in Preistoria del Cibo, 50ma Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. [http://preistoriadelcibo.iipp.it/contributi/2_31.pdf]
LO SCHIAVO, F. e SANGES, M. (1994): “Il Nuraghe Arrubiu di Orroli”, in Guide e Itinerari, Sardegna Archeologica, n. 22, Carlo Delfino Editore. [https://www.academia.edu/9937076/IL_NURAGHE_ARRUBIU]
LO SCHIAVO, F., PERRA, M. e MARINVAL, P. (2015): Il Pane nella Sardegna nuragica, in Preistoria del Cibo, 50ma Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. [http://preistoriadelcibo.iipp.it/contributi/3_05.pdf]
PERRA, M (2015): “Une société en mouvement: la transformation du paysage et la construction de la société nuragique (Sardaigne) du XVII siècle au VIII siècle avant J.-C.”, Atelier National de Reproduction des Thèses, Lille. [https://www.academia.edu/28699907/U…]
PERRA, M., LO SCHIAVO, F., FONZO, O., GARNIER, N. e MARINVAL, P. (2015): “La Tomba di Giganti del nuraghe Arrubiu di Orroli (CA), o “La Tomba della Spada” , in Rivista di Scienze Preistoriche, LXV, pp. 87-116. [https://www.academia.edu/26617302/L…]
USAI A. (2011): “L’insediamento prenuragico e nuragico di Sa Osa – Cabras (OR). Topografia e considerazioni generali”, in MASTINO A., SPANU P. G., USAI A., ZUCCA R. (a cura di), Tharros Felix, 4, Roma, pp. 159-185. [https://www.academia.edu/3430329/US…]
USAI, A. e VIDILI, S. (2016): “Gli edifici A-B di Mont’e Prama (scavo 2015)”, in Quaderni, n. 27, pp. 253-292. [http://www.quaderniarcheocaor.beniculturali.it/…]
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